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Numero 5/6 - giugno/luglio 2001
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Claudia Eleni
Dott.ssa Claudia Eleni
<c.eleni@pg.izs.it>

VALUTAZIONE DEL RISCHIO E MISURE DI PROTEZIONE NEI CONFRONTI DELLA BSE


La valutazione del rischio per la BSE nell’ambito dell’attività veterinaria di campo si basa essenzialmente sulla valutazione della via di trasmissione sul tipo di tessuto considerato.

Gli studi epidemiologici indicano la via orale come la più probabile per la trasmissione della BSE dal bovino all’uomo, mentre non esistono prove che la malattia si possa trasmettere per contatto con animali infetti vivi o con carcasse intatte di animali, anche relativamente alla via aerogena.

Per quanto riguarda il tipo di tessuto, i dati sperimentali indicano che l’infettività nei bovini è presente esclusivamente a livello di sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale), mentre i fluidi corporei, come il sangue ed il liquido cefalorachidiano, non sembrano in grado di trasmettere la malattia.

Da queste considerazioni appare quindi che il rischio di contagio per l’uomo, in seguito a manipolazione di materiale bovino, risulta basso. Tuttavia, poiché le conoscenze sulla BSE si basano su dati scientifici spesso parziali e non conclusivi, è opportuno adottare delle misure di sicurezza specifiche nei confronti dell’esposizione all’agente infettante.

Già i Decreti Legislativi 626/94 e 242/96 inquadravano l’agente delle TSE nell’ambito degli agenti biologici del gruppo 3, cioè quegli "agenti che possono causare malattie gravi in soggetti umani e costituiscono un serio rischio per i lavoratori; tali agenti possono propagarsi nella comunità, ma sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche e terapeutiche".

La normativa in materia si è andata modificando, fino ad arrivare al Decreto Ministeriale 29 settembre 2000, nel quale vengono riportate le "misure di protezione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili" che devono essere adottate nei confronti del materiale specifico a rischio. Più in particolare l’allegato IV descrive i dispositivi di protezione individuali (DPI) che devono essere utilizzati durante il prelievo e la manipolazione di detto materiale.

Tali DPI, rappresentati da guanti, indumenti di protezione, dispositivi di protezione degli occhi e del viso e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, devono essere certificati ai sensi delle norme specifiche europee riportate nel testo.

Accanto ad una protezione degli operatori è necessario che le operazioni di rimozione del materiale a rischio avvengano in modo da evitare il più possibile la dispersione del materiale stesso nell’ambiente.

Ad es. durante il prelievo del tronco encefalico da sottoporre ad esame per BSE o durante la necroscopia di un bovino facente parte di una delle categorie a rischio, è necessario effettuare le operazioni ponendo la carcassa su di un telo impermeabile sufficientemente ampio da impedire la dispersione di sangue o di altro materiale organico; una volta eseguita la necroscopia si può eliminare sia il telo che la carcassa mediante incenerimento.

Nel caso non sia possibile effettuare tali operazioni su di un telo impermeabile, si può operare su una superficie di cemento in modo da poterla poi disinfettare con sostanze capaci di inattivare l’agente della BSE, quali ad esempio l’ipoclorito di sodio al 2% per 1 ora.

Nel caso in cui la carcassa venga prelevata dalla ditta di smaltimento è possibile effettuare il prelievo di encefalo o la necroscopia direttamente nel camion che deve essere successivamente disinfettato come in precedenza e poi risciacquato.

I DPI monouso devono essere eliminati mediante incenerimento o, se riutilizzabili, devono essere autoclavati a 132°C per 1 ora. Tutti gli strumenti utilizzati devono essere inceneriti se monouso, oppure disinfettati mediante immersione in ipoclorito di sodio al 2% per 1 ora o autoclavati a 132°C per 1 ora.

Per quanto riguarda il trasporto del materiale al laboratorio, le indicazioni vengono fornite dall’Istituto Superiore di Sanità seguendo i dettami di alcune organizzazioni internazionali e riportate nella Circolare ministeriale n. 16 del 20.7.1994; i campioni devono essere trattati come sostanze infette e quindi necessitano di un triplo imballaggio, composto da un primo contenitore a tenuta d’acqua, un secondo contenitore a tenuta d’acqua che contenga il primo e una quantità di materiale assorbente tale da assorbire tutto il fluido del campione in caso di perdita ed un imballaggio esterno rigido, che protegga il secondo contenitore da influenze esterne, come danni fisici e acqua durante il trasporto.

Questo terzo contenitore deve essere in materiale plastico o metallico, in modo da poterlo adeguatamente disinfettare dopo l'uso. Sull’imballaggio esterno va posta l’indicazione di rischio biologico.



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