Webzine Sanità Pubblica Veterinaria

Numero 26 ottobre/novembre 2004 - http://www.izsum.it/webzine.html

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Dalle collaborazioni coordinate e continuative ai contratti di lavoro dipendente a tempo determinato



Filippo Basso, Carlo Castrucci


LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO: QUALE SOLUZIONE PER L'ISTITUTO, IL C. D. LAVORO A PROGETTO OPPURE IL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO?

La recente riforma del mercato del lavoro, attuata con il D.lgs. 276/2003, ha introdotto la nuova fattispecie contrattuale del lavoro a progetto, con il dichiarato fine di porre rimedio alle distorsioni create da un uso abnorme delle collaborazioni coordinate e continuative e di accrescere nel contempo le tutele dei lavoratori, soprattutto in materia di malattie e gravidanza.

A norma dell'articolo 61, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa devono essere riconducibili ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della attività lavorativa. Restano inoltre escluse le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali, nonché coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia.

Il comma 2 dell'articolo 1 del decreto citato prevede la non applicabilità dello stesso alle pubbliche amministrazioni. Detto quindi che l'Istituto non ha alcun obbligo attuale al riguardo, si è valutato anzitutto, anche nella prospettiva di cui all'articolo 86, comma 8, a norma del quale "il Ministro per la funzione pubblica convoca le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche per esaminare i profili di armonizzazione conseguenti alla entrata in vigore del presente decreto legislativo entro sei mesi anche ai fini della eventuale predisposizione di provvedimenti legislativi in materia", l'opportunità di trasformare le attuali co.co.co. di cui si avvale l'ente in corrispondenti lavori a progetto.
L'operazione è agevolmente realizzabile laddove si consideri che tutti gli attuali contratti di collaborazione coordinata e continuativa sono già riferibili a specifici progetti (un esempio per tutti è costituito dalle collaborazioni instaurate nell'ambito della legge 3/2001 Misure urgenti per il potenziamento della sorveglianza epidemiologica della encefalopatia spongiforme bovina).

Secondo la citata normativa i nuovi contratti devono essere ricondotti a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso, che dovranno essere analiticamente indicati nel contratto, determinati:
Il lavoro a progetto non potrà comunque risolversi nell'espletamento delle normali attività dell'Istituto.
In tal modo si perviene al riconoscimento giuridico di tale tipologia di lavoro, anche attraverso l'estensione ai suddetti lavoratori (soprattutto in favore dei più giovani) di alcune tutele fondamentali con particolare riferimento a maternità, malattia, infortunio e sicurezza nei luoghi di lavoro (vedi art. 66).

Resta da osservare infine che il decreto nulla dispone riguardo alla contribuzione dovuta per tali contratti. Pertanto, può trovare applicazione quanto previsto per i co.co.co. dalla specifica normativa previdenziale.


L'altra opportunità valutata è quella di procedere alla stipula di contratti di lavoro dipendente a tempo determinato, con rapporto di lavoro esclusivo. I vantaggi di questa soluzione per l'Istituto e per il personale coinvolto appaiono evidenti, se solo si considera che:
  1. mentre per l'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165/01 si può ricorrere a rapporti di collaborazione coordinata e continuativa esclusivamente per prestazioni di elevata professionalità, contrassegnate da autonomia nel loro svolgimento, ovvero senza vincolo di subordinazione, con il contratto di lavoro a tempo determinato, oltre a poter impegnare il personale nelle normali attività dell'Istituto, si instaura una dipendenza del lavoratore dal proprio datore di lavoro ed il potere direttivo di questo assume un ruolo primario.
    In particolare, le norme fanno espresso riferimento ad una subordinazione gerarchica che, per sua natura, rappresenta un vincolo strettamente personale che si riflette, nella normalità dei casi, in una limitazione al potere decisionale, organizzativo, di scelta del lavoratore subordinato in ordine all'attività dallo stesso svolta nell'ambito della realtà operativa in cui è inserito.
    In sostanza, potendo il datore di lavoro, nell'esercizio del proprio potere direttivo, stabilire aspetti quali individuando concretamente i compiti e rendendoli, pertanto, esigibili, si realizza una vera e propria incardinazione del lavoratore nell'operatività ordinaria dell'Istituto, con sicuri vantaggi per l'organizzazione delle attività;
  2. la tutela assistenziale e previdenziale del personale interessato risulta completa, andando a salvaguardare quei diritti sostanziali fin qui lasciati alla sola benevolenza di un datore di lavoro cosciente;
  3. si evita di eludere la tassazione contributiva del lavoro che, è inutile nasconderlo, è stato il vero motore della diffusione abnorme dei co.co.co. (almeno per il settore privato, posto che per l'Istituto hanno pesato tutti quei vincoli generali e generalizzati alle assunzioni da un lato, e la necessità del mantenimento di accettabili livelli di assistenza dall'altro).


Nella convinzione che l'Istituto ha interesse all'attivazione di contratti di lavoro a tempo determinato, è opportuno procedere ad analizzare la cornice normativa esistente in materia, consapevoli delle consuete difficoltà di coordinamento fra le varie disposizioni.

LA CORNICE NORMATIVA E I RAPPORTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO

Venendo ad analizzare le disposizioni in materia di rapporto di lavoro a tempo determinato, vanno considerate, anzitutto quelle rinvenibili nella contrattazione collettiva della Sanità, ovvero:
- l'articolo 31 del CCNL del personale del comparto Sanità, stipulato il 20.09.01, che ha sostituito l'art. 17 del CCNL del 1 settembre 1995;
e, per quanto concerne al Dirigenza:
- gli articoli 16 dei relativi CC.CC.NN.LL. del 1996 così come sostituiti dai CC.CC.NN.LL. siglati il 5 agosto 1997.
In queste disposizioni la possibilità di ricorrere ad assunzioni a tempo determinato è legata a sostituzioni di personale assente, al soddisfacimento di particolari punte di attività, alla temporanea copertura di posti vacanti e per attività connesse allo svolgimento dei progetti finalizzati previsti dall'articolo 7, comma 6, della legge n. 554/88.

Dalla lettura delle suddette norme il ricorso alle assunzioni a tempo determinato rivestirebbe un carattere del tutto eccezionale e, comunque, non utilizzabile per il normale funzionamento di un'azienda del comparto sanitario.

Va però considerato che l'articolo 13 del D.lgs. n. 229/99 ha introdotto nel D.lgs. n. 502/92 - Riordino della disciplina in materia sanitaria - una specifica previsione delle fattispecie dei contratti a tempo determinato e dei contratti per l'attuazione di progetti finalizzati, dando particolare e concreta attuazione al disposto dell'articolo 19, comma 6, del D.lgs. n. 165/01.

L'articolo 15-septies stabilisce, al comma 1, che i Direttori generali possono conferire incarichi per l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico mediante la stipula di contratti a tempo determinato e con rapporto di lavoro esclusivo, entro il limite del due per cento della dotazione organica della dirigenza, di durata non inferiore a due anni e non superiore a cinque anni, con facoltà di rinnovo, a laureati di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali apicali o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro.

Il comma 2 dello stesso articolo dispone, inoltre, che le aziende unità sanitarie e le aziende ospedaliere possono stipulare, oltre a quelli previsti dal comma precedente, contratti a tempo determinato, in numero non superiore al cinque per cento della dotazione organica della dirigenza sanitaria, a esclusione della dirigenza medica, nonché della dirigenza professionale, tecnica e amministrativa, per l'attribuzione di incarichi di natura dirigenziale, relativi a profili diversi da quello medico, ed esperti di provata competenza che non godano del trattamento di quiescenza e che siano in possesso del diploma di laurea e di specifici requisiti coerenti con le esigenze che determinano il conferimento dell'incarico.

La previsione del comma 5 dell'articolo di cui trattasi, laddove è stabilito che gli incarichi suddetti comportano l'obbligo per l'azienda di rendere contestualmente indisponibili posti di organico della dirigenza per i corrispondenti oneri finanziari, appare perentoria nel legare la possibilità di stipulare contratti a termine alla corrispondente disponibilità di posti in dotazione organica.

L'articolo 15-octies prescrive che, per l'attuazione di progetti finalizzati, non sostitutivi dell'attività ordinaria, le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere possono assumere con contratti di diritto privato a tempo determinato soggetti in possesso di diploma di laurea ovvero di diploma universitario, di diploma di scuola secondaria di secondo grado o di titolo di abilitazione professionale nonché di abilitazione all'esercizio della professione, ove prevista.

Confrontando i due articoli si possono svolgere le seguenti considerazioni:
  1. con l'articolo 15-septies, comma 1, i Direttori Generali possono conferire incarichi dirigenziali:
       - di durata compresa tra 2 e 5 anni;
       - con rapporto di lavoro esclusivo;
       - per l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico, anche nell’ambito della attività ordinaria;
       - a laureati di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche o       private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali apicali o che abbiano conseguito una particolare specializzazione       professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di       lavoro;
       - nel limite del 2% della dotazione organica della dirigenza, rendendo i corrispondenti posti della stessa indisponibili;
  2. con l'articolo 15-septies, comma 2, le Aziende sanitarie possono conferire incarichi dirigenziali:
       - di durata non specificata (ma per analogia da 2 a 5 anni);
       - relativi a profili diversi da quello medico;
       - per l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico, anche nell'ambito della attività ordinaria;
       - ad esperti di provata competenza ed in possesso del diploma di laurea e di specifici requisiti coerenti con le esigenze che determinano il conferimento       dell'incarico;
       - nel limite del 5% della dotazione organica della dirigenza sanitaria, rendendo i corrispondenti posti della stessa indisponibili;
  3. con l'articolo 15-octies, le Aziende sanitarie possono conferire incarichi:
       - per l'attuazione di progetti finalizzati, non sostitutivi dell'attività ordinaria;
       - di durata legata ai progetti su indicati;
       - a soggetti in possesso di diploma di laurea ovvero di diploma universitario, di diploma di scuola secondaria di secondo grado o di titolo di abilitazione       professionale nonché di abilitazione all'esercizio della professione, ove prevista;
       - in assenza del relativo posto di funzione nella dotazione organica.
Un particolare interesse va inoltre riservato alle norme introdotte dall'articolo 12, comma 8, lett. b) del C.C.N.L. del comparto e dagli articoli 19, comma 7, dei due C.C.N.L. della dirigenza, laddove prevedono che è concessa l'aspettativa al dipendente, assunto a tempo indeterminato, per tutta la durata del contratto di lavoro a termine se assunto presso la stessa o altra azienda o ente del comparto ovvero in altre pubbliche amministrazioni di diverso comparto o in organismi della comunità europea con rapporto di lavoro ed incarico a tempo determinato. Dalla lettura di questa norma è evidente la possibilità per le aziende sanitarie di conferire incarichi temporanei anche a propri dipendenti già assunti a tempo indeterminato, qualora ne ricorrano le condizioni.

Lo Statuto dell'Istituto, approvato con deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 4 del 4 maggio 1999, ha fornito - in un certo senso anticipandole - una sua specifica concretizzazione alle norme fin qui indicate sulla scorta di quanto disposto dall'articolo 19 del D.lgs. n. 29/93 (ora articolo 19 del D.lgs n. 165/01). All'articolo 16, comma 2, del documento si legge infatti che "Per l'attuazione dei programmi di ricerca o per altre esigenze correlate all'attuazione del modello organizzativo, l'Istituto può conferire incarichi, con contratto a termine di durata non superiore a quella dei programmi, a personale laureato e tecnico specializzato ed a soggetti, nei limiti previsti dall'art. 19, comma 6, del citato D.Lgs. n. 29/93, così come modificato dal D.Lgs. n. 80/98, in possesso di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto attività in organismi o Enti pubblici o privati, o Aziende pubbliche o private, con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale o scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post universitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro o provenienti da i settori della ricerca e della docenza universitaria ... Per il periodo di durata del contratto, i dipendenti della pubblica amministrazione sono collocati in aspettativa senza assegni, con il riconoscimento dell'anzianità di servizio".

Da ultimo, va considerato il D.lgs. 368 del 6 settembre 2001 (successivo, si noti, al D.lgs. 165 del 31.03.01) Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

Il principio fondamentale di tale decreto è rinvenibile nell'articolo 1, ove è stabilito che è consentita l'apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo. Tale articolo ha innovato la disciplina de qua in due aspetti fondamentali:
  1. la mancata enunciazione dell'eccezionalità del contratto a termine;
  2. la sostituzione dell'elencazione tassativa con una clausola generale delle ipotesi legittimanti il termine.


CONSIDERAZIONI SULLA POSSIBILITÀ DI CONVERSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO IN RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO: LA GIURISPRUDENZA IN MATERIA.

Sull'applicabilità della norma da ultimo richiamata alla pubblica amministrazione, non possono sussistere fondati dubbi.

Una questione nondimeno si pone in ordine alla possibilità di conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato, eventualmente intrattenuto alle dipendenze di una Pubblica Amministrazione in indeterminato, in presenza dei presupposti che tale conversione determinano nell'ambito della disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro privato; presupposti previsti dal D.Lgs. n. 368 del 2001 (per effetto dei quali, ad esempio, tale conversione avviene in caso di proroga, oltre il termine inizialmente pattuito, del rapporto di lavoro eventualmente instaurato alle dipendenze di un privato).

Presupposti, inoltre, la cui ravvisabilità, nelle argomentazioni di molti pratici - Avvocati di dipendenti pubblici direttamente interessati - diversi autori ed alcuni Magistrati addetti alle Sezioni Lavoro, determinerebbe - a seguito della c.d. privatizzazione del pubblico impiego - la possibilità di convertire in indeterminato anche il rapporto di lavoro a tempo determinato alle dipendenze di una Pubblica Amministrazione.

Così ragionando, a titolo esemplificativo, infatti il Giudice del Lavoro del Tribunale di Pisa (attraverso una sua ordinanza del 07.08.2000) ha ritenuto non manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 36, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, laddove stabilisce che in ogni caso la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.

La Corte Costituzionale nel decidere la questione innanzi citata - di legittimità, in relazione agli articoli 3 e 97 della Costituzione, del comma in oggetto - ha affermato la legittimità costituzionale dell'art. 36, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001 nella parte in cui esclude che la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle Pubbliche amministrazioni, possa comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime Pubbliche Amministrazioni (cfr. sentenza della Corte Costituzionale n. 89 del 2003).

Ciò, segnatamente, atteso che il principio di eguaglianza non potrebbe, nella specie, ritenersi vulnerato in considerazione della non omogeneità delle situazioni poste a confronto, considerato che - anche dopo la cosiddetta privatizzazione - il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici conserverebbe fondamentali peculiarità tali da renderlo profondamente diverso dal rapporto di lavoro intrattenuto con i datori di lavoro privati, come più volte affermato dalla stessa Corte Costituzionale. Peculiarità, queste, derivanti dal fatto che la privatizzazione riguarderebbe solamente lo svolgimento del rapporto di lavoro, ma non il momento della sua costituzione, rimanendo immutate le particolari esigenze di selezione del dipendente pubblico, a garanzia dei principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione, che in via di principio impongono il ricorso alla procedura concorsuale, salvo eccezioni. Eccezioni, queste ultime, individuabili secondo la sentenza del Consiglio di Stato n. 644 del 2000 soltanto attraverso la mediazione di un'esplicita, al riguardo, previsione legislativa, allo stato non ancora intervenuta.

Dunque, la ratio dell'impossibilità della conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato eventualmente intrattenuto alle dipendenze di una P.A., in indeterminato può essere ravvisata nell'evitare che, attraverso il contemplare una simile possibilità, possa essere aggirato e violato il principio (sancito dall'articolo 97, comma 3, della Costituzione) che prevede l'obbligo del superamento di un concorso pubblico al fine dell'accesso ai ruoli stabili della Pubblica Amministrazione. Tale ratio appare condivisibile, atteso che, altrimenti, dietro l'escamotage dell'instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato, poi, magari volutamente, illegittimamente protratto, potrebbe accedersi ai ruoli stabili della Pubblica Amministrazione, eludendo l'obbligo del concorso e violando il principio di eguaglianza.

Il problema, pertanto, a questo punto, potrebbe, semmai, sorgere qualora il rapporto di lavoro a tempo determinato, in relazione al quale si dovessero eventualmente verificare violazioni tali da poterne determinare la conversione in indeterminato, costituisse un rapporto instaurato a seguito di una selezione pubblica attraverso la quale sono stati, eventualmente, individuati i beneficiari di esso. In questo caso, infatti, sorge il diverso problema attinente al valutare la possibilità di considerare un simile tipo di selezioni pubbliche alla stregua del pubblico concorso cui fa riferimento l'articolo 97, comma 3, della Costituzione. Anche a questo proposito, soccorre il dettato dell'art. 36, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, così tassativo nell'escludere la possibilità di conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato alle dipendenze di una P.A. in indeterminato. Dalla perentorietà - desumibile dal fatto che lo stesso non prevede alcuna eccezione alla propria statuizione - con cui tale comma esclude una simile possibilità di conversione discende, infatti, la negazione, già a livello legislativo, della possibilità di considerare le selezioni - o, a seconda delle relative denominazioni, concorsi - per la costituzione di rapporti di lavoro a tempo determinato alla stessa stregua dei concorsi cui fa riferimento la Costituzione, al fine di accedere a tempo indeterminato nei ruoli della Pubblica Amministrazione.

Quello su delineato appare essere il quadro desumibile dallo stato della normativa e della giurisprudenza in materia. Trattasi, comunque, di materia - del resto, come il più ampio genus del rapporto di lavoro pubblico "privatizzato" in cui viene a collocarsi - in costante evoluzione.


DOTAZIONE ORGANICA E PROGETTI FINALIZZATI.

Una problematica che si pone con forza nel valutare l'opportunità di affidare incarichi a tempo determinato è quella connessa alla dotazione organica. Appare di tutta evidenza che i fabbisogni per l'attività ordinaria istituzionale, cui l'Istituto può dare risposta tramite risorse certe e durature (contributo annuale dell'ex Fondo Sanitario Nazionale), trovano giusta e corretta concretizzazione nella formale istituzione di posti di funzione nella dotazione organica. Lo strumento per la copertura degli stessi non può che essere il pubblico concorso di cui all'articolo 97 della Costituzione (cfr. pronunce citate della Corte Costituzionale e articolo 12, comma 8, lett. a) del C.C.N.L. del comparto del 20.09.01).

In presenza, invece, di finanziamenti assegnati per l'attivazione di progetti finalizzati e che non possono dar luogo all'istituzione di posti di funzione, vista la temporaneità dei finanziamenti e dei progetti stessi, nonché il quadro normativo, appare evidente che lo strumento più idoneo non può che essere il contratto a termine ex articolo 15-octies già citato, che, nella sua stessa formulazione, vista in rapporto al precedente articolo 15-septies (vedi paragrafo 2), esclude qualsiasi rapporto con la dotazione organica dell'azienda.

CONCLUSIONI

Fatta questa forse lunga, ma necessaria, disamina, si ritiene che, nell'ambito dell'Istituto, sia il personale coinvolto che le attività dallo stesso esercitate, rientrassero tutti nella previsione di cui all'articolo 15-octies, e diversi anche nella previsione di cui all'articolo 15-septies, comma 1. Se non bastasse, è evidente come oramai i principi posti dal D.lgs. n. 368/01 legittimano, anche per la pubblica amministrazione, a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, qualsivoglia assunzione a tempo determinato.

Tutte queste ragioni hanno suggerito di seguire la strada delle assunzioni a termine in tutte le ipotesi, a partire da quelle instaurate nell'ambito della legge 3/2001 Misure urgenti per il potenziamento della sorveglianza epidemiologica della encefalopatia spongiforme bovina, ma anche rispetto a quelle legate all'attività produttiva svolta ed a programmi di ricerca propria, in cui potesse essere garantito un vantaggio per l'organizzazione delle attività dell'ente e, non meno importante, una tutela non effimera del personale comunque operante nell'ambito dell'Istituto.

Nonostante fosse possibile, alla luce delle normative esaminate, prevedere una durata maggiore, si è comunque stabilito che i suddetti contratti a termine abbiano durata annuale (anno 2005), avendo in ogni modo presente che il finanziamento a copertura degli stessi è (nella quasi totalità dei casi) limitato ad una annualità e non potendo pertanto l'Istituto gravarsi di oneri eccessivi in presenza di risorse non certe.

Appare interessante, a questo punto, far rilevare come non è previsto - nelle norme fin qui citate - alcun ricorso a pubbliche selezioni per l'inserimento di lavoratori a tempo determinato; del resto questa conclusione è anche facilmente desumibile dal ragionamento effettuato dalla Corte Costituzionale nella pronuncia precedentemente citata, laddove ammette la possibilità dell'instaurazione di un rapporto di lavoro a termine che non sia stato preceduto da un concorso.

Ciò nondimeno è stato reputato opportuno, nell'interesse dell'Istituto, bandire una serie di selezioni pubbliche che rispettassero in toto i principi dell'accesso al pubblico impiego. In particolare, si è ritenuto di dover dare attuazione ai principi costituzionali del buon andamento, imparzialità e della trasparenza dell'azione amministrativa ed ai principi di diritto comune di correttezza e buona fede.

Pertanto, si è ritenuto di aprire anche a soggetti che non avessero avuto in precedenza alcun rapporto con l'Istituto, ma che fossero in grado di dimostrare, anche attraverso una congrua valutazione dell'esperienza acquisita (24 o 12 mesi di attività di ricerca), la capacità di svolgere le funzioni previste.

Tutto ciò potrebbe anche comportare la non conferma di tutti gli attuali collaboratori; d'altra parte, però, si è pienamente coscienti che l'applicazione dei suddetti principi si risolva, oltre che in un accresciuta tutela assistenziale e previdenziale, anche in un maggior riconoscimento della professionalità, dell'esperienza e delle capacità di coloro, tra gli attuali titolari di contratti di collaborazione, che invece si confermeranno nelle selezioni per assunzioni a tempo determinato.


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