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Dr. Naceur Haouet
<n.haouet@pg.izs.it>

CONFERENZA INTERNAZIONALE SULL'ANALISI DEL RISCHIO E IL SUO RUOLO NELL'UNIONE EUROPEA




La conferenza, organizzata dal Servizio Salute e Protezione del Consumatore della Commissione Europea, che si è tenuta nei giorni 18 e 19 luglio 2000 a Bruxelles, ha offerto due giorni intensi di riflessione sull’analisi del rischio nel settore alimentare; senza tuttavia fornire le desiderate aspettative tecniche, soprattutto per quanto riguarda la quantificazione del rischio, aspetto non ancora ben definito nelle sue modalità operative.

Il meeting si è svolto in cinque sessioni fondamentali:

Nella prima sessione, il primo dei tre relatori invitati (Ortwin Renn dalla Germania; titolo della relazione: "Risks and Society") ha fatto un excursus sulla valutazione del rischio, ponendo l’accento sulla conoscenza dei fattori di pericolo, sulla possibilità di contenerli e sulla probabilità che hanno di manifestarsi, basato sull’esperienza.

Il secondo (John D. Graham dagli USA; "Risks to Human Health"), oltre a ribadire i concetti espressi dal primo, si è soffermato sulla necessita di giudicare il pericolo, in base alla grandezza dell’evidenza, di quantificare il rischio, individuando prospettive per la sua gestione, e di classificare i rischi in ordine di grandezza. L’ultimo relatore di questa prima sessione (Fernand Sauer del Regno Unito; "Hopes and Risks: The Case of Pharmaceuticals") come rappresentante e responsabile dell’EMEA, ha chiarito il ruolo della sua Agenzia nella registrazione, e quindi nella circolazione nel mercato, e nella revoca dei prodotti medicinali sia umani che veterinari.

Durante la seconda sessione (risk assessment), James W. Bridges (Regno Unito; "Toxicological Risk Assessment") ha fatto il punto della situazione sul rischio chimico (ormoni, additivi, pesticidi, metalli pesanti, diossina, micotossine, …), ricordando e ponendo in particolare risalto il pericolo costantemente in aumento derivante dalla presenza di micotossine nelle derrate alimentari. Servé H. W. Notermans (Olanda; "Microbiological Risk Assessment") ha posto l’accento sul rischio microbiologico, ricordando che un’importanza maggiore deve essere rivolta a Campylobacter, responsabile di casi di meningite, di sindrome di Down e addirittura di atti di violenza.

Il terzo relatore (Ibrahim Elmadfa, Austria; "Nutritional Risk Assessment") ha presentato una relazione sul rischio nutrizionale; relazione che ha sollevato, già nel suo concetto, diverse perplessità tra i partecipanti; come noto, infatti, l’analisi del rischio prende in considerazione solo i pericoli di una certa entità e non quelli banali o derivanti da una dieta non equilibrata. Un deficit in vitamine o in amminoacidi essenziali, od ancora in CoQ10, può essere considerato, in ambito di autocontrollo, un pericolo tale da comportare l’adozione di misure di controllo? Nel concetto dell’analisi del rischio, tali "pericoli" non sono mai stati finora presi in considerazione e, a conclusione della relazione, le perplessità emerse non sono svanite.

Per chiudere la sessione serale, infine, Andrew Renwick (Regno Unito; "Qualitative versus Quantitative Risk Assessment") ha ripreso gli aspetti generali della valutazione qualitativa e di quella quantitativa del rischio mentre Friz H. Kemper (Germania; A Compass for Risk Assessment") ha presentato la sua Banca di campioni ambientali ("Environmental Specimen Bank for Human Tissues").

Nella terza sessione (risk management), è stata trattata in maniera generale la gestione del rischio, indirizzando l’attenzione sul concetto di prevenzione (Stuart A. Slorach, Svezia; "Preventive Risk Management") e sul principio di precauzione (D. Franzone, Francia, Commissione Europea; "The Precautionary Principle"), con particolare riguardo agli OGM, mentre Jean Francois Molle (Danone, Francia; "Industry’s View on Risk Management") ha presentato il punto di vista della Danone, insistendo sul fatto che, a livello industriale, non è possibile individuare i rischi secondo l’albero delle decisioni ma in base alle buone pratiche di fabbricazione degli alimenti, sull’importanza delle azioni correttive, sui concetti di prevenzione con particolare riguardo alla selezione dei fornitori e sulla tempestività del ritiro dal mercato di prodotti potenzialmente pericolosi per la salute del consumatore, come già avvenuto alla propria Azienda, in passato.

Nella quarta e penultima sessione (risk communication) è stato trattato l’aspetto della comunicazione del rischio sia da un punto di vista tecnico di ricerca (William Leiss, Canada; "Effective Risk Communication"), sia da quello dell’opinione pubblica (Andrea Oldag, Belgio; "The particolar Responsibility of the Media") che da quello politico (Iona Pratt, Irlanda; "Stakeholders in Risk Communication"). Questa è stata, in assoluto, la sessione più discussa in quanto è emersa l’immensa lacuna, da tutti riconosciuta, nella comunicazione del rischio tra i diversi soggetti coinvolti, tra cui i consumatori, per colpa soprattutto del diverso linguaggio utilizzato dalle diverse parti (autorità politiche, organi tecnici, organi d’informazione, produttori, consumatori). Grande responsabilità viene in particolare attribuita alle autorità politiche e all’azione incontrollata degli organi d’informazione.

La conferenza si è chiusa il mercoledì sera con l’"Outlook on Risk Communication" in cui sono stati ripresi i concetti principali da parte di Gali Charnley (USA; "Special Lecture: Risk Analysis: Past, Present and Future") e da parte dell’opinione scientifica (Robert Kroes, Olanda; "Science"), industriale (Theo Spettmann, Germania; "Industy") e dei consumatori (Jim Murray, Belgio; "Consumers"). È stata tra l’altro ricordata la stretta interazione tra le tre grandi aree dell’analisi del rischio (valutazione, gestione e comunicazione), già espressa in apertura del meeting.

La conferenza non ha pertanto apportato le sperate informazioni di natura tecnica, essendo stata molto divulgativa e generale, senza mai addentrarsi nei particolari e negli aspetti procedurali. Sembra stata, infatti, organizzata nell’ottica di una maggiore informazione e sensibilizzazione degli operatori del settore (vedi l’elevato numero di partecipanti: 460 circa) all’importanza del problema, indispensabile per la libera circolazione degli alimenti, alla necessità di operare con azioni correttive tempestive (vedi i casi di BSE, diossina, …) e soprattutto all’aspetto fondamentale della prevenzione.

In sintesi, tuttavia, emergono i seguenti punti:

Esiste una forte interazione tra le tre aree fondamentali della gestione del rischio (valutazione, gestione, comunicazione), per cui una carenza in una di queste si ripercuote inevitabilmente sulle altre.

Viene sollevata la lacuna universalmente riconosciuta nella comunicazione del rischio; da qui è importante trovare una soluzione, basata in primo luogo su una stessa dialettica tra i diversi operatori del settore (organi politici, tecnici, industriali, organi d’informazione, consumatori).

Infine, viene ovvio porsi una domanda: quali sono le prospettive future?

Sicuramente, in questo campo, c’è ancora molto da fare sia come consulenza alle aziende alimentari, sia come laboratorio deputato al controllo ufficiale degli alimenti, sia come organo di formazione e d’informazione. Particolare rilievo va attribuito, viste le difficoltà operative per una corretta quantificazione dei rischi (mancanza di dati epidemiologici) e vista la carenza esistente a livello di comunicazione, alla creazione di un data bank nel quale il Servizio Epidemiologico può apportare un reale contributo. Ciò dovrebbe inserirsi, infine, nell’ottica di attivare un sistema di sorveglianza delle produzioni alimentari, sia locale che nazionale, come progettato recentemente attraverso la creazione di una rete tra gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali.

M. N. Haouet



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