Sanità Pubblica Veterinaria: Numero 81, Dicembre 2013 [http://www.spvet.it/] ISSN 1592-1581
Cominciamo col dire che il decreto-legge 91/2013, approvato definitivamente dalla Camera (3 ottobre 2013), con la Legge 7 Ottobre 2013 n. 112 (Gazzetta Ufficiale 8 Ottobre 2013), impone agli Enti scientifici di rendere pubblici i risultati delle ricerche (finanziate con fondi dello Stato, per il 50% o più) attraverso non meglio precisati periodici a carattere scientifico che abbiano almeno due uscite annue.
La legge, all'articolo 4 (comma 2) specifica che questo possa avvenire:
- "
Tramite la pubblicazione da parte dell'editore, al momento della prima pubblicazione, in modo tale che l'articolo sia accessibile a titolo gratuito",
- "
Tramite la ripubblicazione senza fini di lucro in archivi elettronici istituzionali o disciplinari, secondo le stesse modalità".
Normalmente, nel primo caso stiamo parlando di un Editore scientifico che, incassati preventivamente i diritti di copyright (o che vi rinunci), metta subito a disposizione del pubblico, senza restrizioni, i lavori. Nel secondo si intende utilizzare un archivio elettronico istituzionale, nel quale inserire gli articoli in forma di pre-print (pubblicazioni in process di peer review presso l'Editore) o i post-print (lavori già pubblicati presso l'Editore, al termine di un periodo concordato). Tale modalità viene consentita dall'editore della prima pubblicazione in modo più o meno libero a seconda della politica adottata.
Conclusa la ricerca la pubblicazione dei lavori che ne riportano i risultati dovrà avvenire in ogni caso entro l'arco temporale massimo di "... d
iciotto mesi dalla prima pubblicazione per le pubblicazioni delle aree disciplinari scientifico-tecnico-mediche e ventiquattro mesi per le aree disciplinari umanistiche e delle scienze sociali".
La situazione è apparentemente chiara. Si stabilisce che gli "
output" della ricerca finanziata dallo Stato, debbano essere di pubblico dominio e che ciò dovrà avvenire in tempi relativamente rapidi.
In tal modo si consentirà, non solo ai ricercatori, ma anche alla società civile, nel suo insieme, di trarne vantaggio.
Sottolineiamo il termine "output" non per esterofilia, ma perché così oggi si indicano tutti i portati della ricerca.
Non si tratta quindi più unicamente di articoli scientifici, libri e capitoli di monografie, ma anche di:
dataset, software, relazioni tecniche, learning objects, report, brevetti, insomma, tutto ciò che deriva dall'attività degli Enti di ricerca, anche se non è in condizione di generare un cosiddetto "
impatto" (sulla comunità scientifica), misurabile tramite il modello citazionale.
In particolare il dispositivo di legge dice che tali pubblicazioni dovranno includere anche una "scheda di progetto in cui siano menzionati tutti i soggetti che hanno concorso alla realizzazione degli stessi". Ciò significa essenzialmente che queste rappresentano, ora più di prima, una documentazione, che identifica un gruppo di lavoro, attribuendo un merito a coloro che hanno prodotto l'avanzamento delle conoscenze alla base dell'articolo, siano essi personale strutturato, o meno (borsisti, contrattisti, volontari).
L'aspetto meritocratico dell'intera questione, incrementa ancora di più il valore delle pubblicazioni.
Prima, in Italia, studiosi e collaboratori facevano un po' come veniva. Oggi la Legge 112/2013 impone ai ricercatori di fare un passo avanti, interessandosi agli aspetti editoriali e ai risvolti scientometrici dei propri lavori.
Almeno in linea di principio, questi soggetti dovranno finalmente affrontare criptici argomenti come: fattori di impatto, strategie di self-archiving (Golden Road, Green Road), Copyright policies e affini.
Per informarsi potranno utilizzare molti strumenti di orientamento, primo fra tutti il progetto RoMEO, (Rights MEtadata for Open archiving - Metadati appropriati per l'archiviazione aperta; http://www.sherpa.ac.uk/romeo), un servizio, gestito dall'Università di Nottingham (UK) che fornisce preziose informazioni sui contratti editoriali per l'archiviazione online.
Infine, non si sa ancora, come i Ministeri maggiormente coinvolti (Ricerca, Sanità, Agricoltura), gestiranno tutta questa materia e che indicazioni forniranno al mondo della ricerca, soprattutto per ciò che riguarda alcune delicate questioni come archiviazione, copyright, riferito al mondo Creative Commons (http://creativecommons.org/) e soprattutto alle caratteristiche dei repository utilizzabili.
Nel Decreto legge si diceva infatti che si sarebbero dovute adottare strategie coordinate per
"...
la piena integrazione, interoperabilità e non duplicazione", delle banche dati rispettivamente gestite (riguardanti l'anagrafe nazionale della ricerca, il deposito legale dei documenti digitali e la documentazione bibliografica).
Nella conversione in legge è stato utilizzato più laconicamente il termine "unificazione". E non sapremmo proprio dire se sia meglio o peggio, tuttavia, sulle caratteristiche di questi archivi istituzionali, siamo certi, fiorirà un dibattito.
Speriamo solo che ci sia anche qualche documentalista a guidare le scelte dei cosiddetti decisori.