Biblioteca Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche
Sanità Pubblica Veterinaria: Numero 72, Giugno 2012 [http://www.spvet.it/] ISSN 1592-1581
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Tecnologie diagnostiche innovative basate su biosensori applicate in campo per la diagnosi rapida di malattie - Innovative diagnostic biosensors based technologies applied in the field, for rapid diagnosis of diseases

Biagetti M., Orena M., Cuccioloni M.

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Abstract. The purpose of this paper is to determine an innovative way to perform diagnostic tests through the use of a field - biosensor. The device was connected to a laptop, in order to perform DNA analysis in a typical setting of a veterinary survey in the farm. This is possible thanks to a particular method of extraction, which allow the preparation of the sample in situ. This work, which is part of the research line: "innovative diagnostic technologies" of the Zooprofilattico UM Institute (Italy), shows the feasibility of applying this kind of biosensors for the diagnosis of viral diseases

Riassunto. Il presente lavoro è finalizzato a valutare l'efficacia di una modalità innovativa per l'esecuzione di accertamenti diagnostici tramite l'uso di un biosensore "da campo". Il sistema studiato è stato collegato ad un PC portatile e funziona in condizioni operative tipiche dei rilevamenti in azienda. Ciò è possibile grazie a una particolare metodica di estrazione che consente la preparazione del campione direttamente in sito. Il presente lavoro che si inserisce nella linea di ricerca "tecnologie diagnostiche innovative" dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale UM; mostra la fattibilità dell'applicazione di questo tipo di biosensori per la diagnosi di malattie virali


Introduzione
Il presente progetto si inserisce nella linea di ricerca “tecnologie diagnostiche innovative” che l’IZSUM sta perseguendo da diversi anni. Lo scopo di questo studio è l’applicazione di un biosensore ottico per la diagnosi di una malattia virale il cui agente patogeno è il circovirus (PCV2) che causa la cosidetta sindrome Post-svezzamento multi-sistemica da deperimento (PMWS) nei suini, malattia grave che rappresenta una minaccia significativa per l'economia globale dell’'industria suina. I biosensori sono dispositivi che sfruttano reazioni di bio-riconoscimento per la determinazione di analiti in soluzione. Questi dispositivi uniscono un elemento catturante “biologico” ad un trasduttore fisico che converte un evento di bio-riconoscimento in un segnale elettrico utile. I biosensori a DNA, basati sull’appaiamento di acidi nucleici, sono in continuo sviluppo mirato alla realizzazione di un rapido, semplice ed economico test per la diagnosi di malattie genetiche, infettive, o per la individuazione di danni del DNA. In questo lavoro sono state immobilizzate, sulla superficie del biosensore, due tipi di sonde, una ssDNA e l’altra ssDNA/LNA. Gli LNA rappresentano una classe di analoghi conformazionali degli oligonucleotidi di DNA. Gli LNA sono acidi nucleici biciclici solubili in acqua, in cui gli atomi 2’-O e 4’-C di un ribosio sono legati attraverso un gruppo metilene. Si è tentato anche di sintetizzare uno nuovo tipo di sonda, analogo al DNA, con caratteristiche chimico fisiche migliori rispetto alle sonde a DNA.

Materiali e metodi
Il sistema sviluppato comprende l’estrazione dell’acido nucleico dal campione, l’amplificazione della sequenza bersaglio tramite PCR seguita da un’unica rivelazione su biosensore. Il DNA totale è stato ottenuto da campioni risultati positivi per la presenza del virus PCV2 mediante l’impiego di kit per estrazione di DNA su colonnina e successiva amplificazione in PCR. Sulla sequenza dell’amplificato è stata individuata la sequenza della sonda utilizzata in questi studi. Una volta individuata la sequenza della sonda è stato aggiunto uno “spacer” di 5 adenine all’estremità 5’ con la prima adenina coniugata con biotina (Biotina–AAAAA- CACCAGACTCCCGCT). Sono state utilizzate due tipi di sonde, una ssDNA e l’altra ssDNA/LNA . La streptavidina è stata immobilizzata covalentemente sulla matrice di carbossilato della cuvetta del biosensore tramite la procedura standard via EDC/NHS. Successivamente, le sonda di ssDNA o la sonda chimerica DNA/LNA biotinilate vengono aggiunte al monolayer di streptavidina, e le fasi di associazione tra i binding partner vengono monitorate fino all’equilibrio (8-10 min); per assicurarsi della avvenuta saturazione di tutti i siti di legame per la biotina, vengono effettuate ulteriori aggiunte di sonda biotinilata e l’associazione viene nuovamente seguita a plateau (5-10 min) (Fig.1)

mmobilizzazione delle sonde catturanti (prima (a) e seconda (b) aggiunta) sulla superficie di streptavidina (Box A: ssDNA; Box B: ssDNA/LNA)
Fig. 1: Immobilizzazione delle sonde catturanti (prima (a) e seconda (b) aggiunta) sulla superficie di streptavidina (Box A: ssDNA; Box B: ssDNA/LNA).


Allo scopo di verificare la selettività del biosensore sono stati utilizzati 7 DNA amplificati (A1 – A7) estratti da organi e/o sieri di suini risultati positivi al PCV2.Nel caso di DNA amplificati, il dsDNA deve essere precedentemente denaturato a ssDNA in modo da permettere l’ ibridizzazione con la sonda complementare immobilizzata sul biosensore. Il campione di dsDNA è sottoposto ad una fase di denaturazione ad alta temperatura (95°C, 5 min) seguita da incubazione (52°C, 1 min) con un leggero eccesso di un corto frammento oligonucleotidico (10-30 basi) complementare al terminale 3’ dell’amplificato e che non si sovrappone con la sequenza complementare alla sonda. Tale legame previene il ri-appaiamento dei filamenti di DNA prima del contatto con la sonda sulla superficie. Dopo ogni utilizzo, la superficie del biosensore derivatizzata con la sonda ssDNA è stata ogni volta rigenerata tramite lavaggio con PBS (ssDNA) o con PBS-T (ssDNA/LNA). Come controllo negativo, è stato aggiunto alla superficie del biosensore un campione di ssDNA non complementare senza ottenere alcuna risposta apprezzabile.
Per la sintesi chimica di nuove sonde sono state seguite due nuove strategie: nella prima è stata testata la sintesi chiamata PyUNA, ossia Py(rrolidine) U(rethane) N(ucleic) A(cid), questo composto, presenta al posto del carboidrato un anello pirrolidinico isosterico, e le unità isosteriche sono legate da ponti carbammato; nella seconda è stata testata la sintesi chiamata PyNA, ossia Py(rrolidine) N(ucleic) A(cid) in cui questo composto presenta al posto del carboidrato un anello pirrolidinico isosterico, mentre conserva il ponte fosfato.

Risultati
Entrambe le strategie utilizzate per la sintesi chimica di nuove sonde hanno prodotto molecole fotosensibili e quindi inutilizzabili.
I risultati ottenuti con il biosensore derivatizzato con sonde ssDNA e ssDNA/LNA su campioni amplificati (A1 – A7) sono riportati in fig. 2.

Ibridizzazione di campioni amplificati (A1 – A7) con la sonda ssDNA (Box A) e con  la sonda ssDNA/LNA (Box B)
Fig. 2: Ibridizzazione di campioni amplificati (A1 – A7) con la sonda ssDNA (Box A) e con la sonda ssDNA/LNA (Box B)


I risultati ottenuti analizzando campioni di DNA non amplificato, estratto direttamente da campioni positivi, hanno evidenziato che il biosensore derivatizzato con la sonda ssDNA non è in grado di rilevare nessun segnale, mentre con il biosensore derivatizzato con la sonda ssDNA/LNA è in grado di rilevare segnali apprezzabili sugli stessi campioni (fig.3)

 Ibridizzazione di campioni non pre-amplificati  con la  la sonda ssDNA/LNA
Fig. 3: Ibridizzazione di campioni non pre-amplificati con la la sonda ssDNA/LNA


Discussione e conclusioni
Per quanto riguarda la produzione d nuove molecole analoghe al DNA, da utilizzare come sonde che abbiano caratteristiche migliori rispetto a sonde a DNA, si sta procedendo ad una variazione dei gruppi protettori.
Le evidenze sperimentali qui riportate con il biosensore derivatizzato con sonde ssDNA o ssDNA/LNA, indicano come sia la sonda a ssDNA che quella a ssDNA/LNA (in particolare) conferiscano alla superficie del biosensore una buona selettività nei confronti di campioni di DNA amplificato.

La sonda a ssDNA/LNA presenta una sensibilità superiore, che conferisce alla superficie la capacità di rilevare (seppur con una moderata sensibilità) la presenza di campioni di DNA anche in campioni non pre-amplificati. La sensibilità in questo caso può essere funzione della carica virale del campione.
Per la messa a punto del biosensore abbiamo lavorato con DNA, amplificati e non, estratti da campioni di campo, quindi non quantificabili per la presenza di DNA genomico tissutale.
Comunque la superiore sensibilità della sonda ssDNA/LNA permette al biosensore di rilevare l’acido nucleico del virus anche in campioni non amplificati. Il biosensore così concepito, grazie alla elevata sensibilità della sonda ssDNA/LNA ed alla capacità di rivelazione in real time può fornire risposte rapide sulla presenza/assenza del virus dopo semplici procedure di pre-trattamento dei campioni.

Fine ultimo del presente lavoro è infatti quello di eseguire gli accertamenti diagnostici mediante l’utilizzo di un biosensore “da campo” collegato ad un PC portatile evitando l’amplificazione del DNA estratto. Questo è possibile utilizzando metodi di estrazione tipo shock termico o FTA-like cards, che consentono la lisi del campione direttamente su delle cartine che vengono poi eluite con soluzione fisiologica contenente il DNA da analizzare.

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Ricerca finanziata dal Ministero della Salute IZSUM RC 08/2008

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