Biblioteca Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche
Webzine Sanità Pubblica Veterinaria: Numero 61, Agosto 2010 [http://www.spvet.it/] ISSN 1592-1581
torna indietro

Capitolo 1:

La "Questione Animale" nel XXI secolo

dal volume: Benessere animale (a cura di F. Biancifiori).
Editore Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche, Perugia, 2010, pagine 19-25; ISBN 978-88-97069-00-3

Biancifiori F.

Cosa s'intende oggi per benessere animale
Il livello di benessere degli animali in regime d'allevamento è direttamente proporzionale al loro grado di adattamento a un ambiente non naturale, alla capacità di fronteggiare difficoltà e alla rapidità con cui sono attivati ed eventualmente terminati i relativi processi psicologici, fisiologici e biochimici.
Per qualsiasi essere animale, riuscire a fronteggiare una situazione sfavorevole significa avere un buon grado di controllo del proprio equilibrio e della stabilità fisica e mentale.
Se un individuo o una specie animale non riesce ad adattarsi all'ambiente in cui è costretto a vivere o non dispone delle risorse necessarie per far fronte a un serio cambiamento ambientale non temporaneo, alla fine soccombe. Se vi si adatta male o solo parzialmente, soffre. Uno stato permanente di sofferenza psico-fisica incide negativamente sulle funzioni fisiologiche e sullo stato immunitario dell' animale, determinando un calo della produzione; al tempo stesso favorisce l'instaurarsi di uno stato di malattia nel singolo soggetto o in gran parte del gruppo. Nel tempo si può stabilire una condizione spesso irreversibile di reciprocità di causa ed effetto tra scarso benessere che induce malattia e malattia che provoca scarso benessere.

Si può ragionevolmente supporre che le specie o razze animali capaci di un livello di complessità psicologica e cognitiva superiore ad altre, abbiano anche migliori capacità di adattamento a un ambiente o a un contesto sociale sfavorevole. Lo studio di queste dinamiche comportamentali nel mondo animale è competenza dell'etologia cognitiva.

Tra le molte definizioni di benessere animale riportate in letteratura possiamo individuare denotazioni oggettive e soggettive. Le prime si richiamano alla capacità (living in harmony and coping with the environment- Hughes 1976) o al tentativo (an attempt to cope with its environment - Broom 1996) dell'animale di vivere in armonia e di adattarsi all'ambiente. Quelle soggettive si richiamano alla qualità della vita così com'è vissuta e valutata dall'animale stesso.
Una delle definizioni più interessanti citate in letteratura, è quella fornita da Bateson (1991), il quale sostiene che "gli animali mantengono il loro stato/equilibrio interno entro certi limiti. Cambiamenti ambientali significativi oltre quei limiti provocano una reazione fisiologica e comportamentale che tende a superare o compensare il cambiamento negativo. Quando il tentativo di superare o compensare il cambiamento fallisce, subentra lo stress, fisico o psichico".
Queste definizioni riconducono a due correnti di pensiero prevalenti su cosa se intenda per benessere animale e come questo si manifesti e sia misurabile quando si valutano in termini comparativi bioetica animale, comportamento, sanità e produttività.
La prima suggerisce che il benessere animale debba essere valutato essenzialmente attraverso la determinazione delle sue necessità biologiche e fisiologiche, ammesso e non concesso che queste si conoscano e che siano classificabili in termini di priorità gerarchiche, ovvero d'importanza ai fini della sopravvivenza dell'animale piuttosto che del suo stato di salute o malattia o di benessere vero e proprio. Un'indicazione utile può comunque venire dalle "cinque libertà" considerate un prerequisito per qualsiasi stato di benessere per tutte le specie animali; questi principi saranno più volte richiamati nei vari capitoli.

L'altra corrente considera lo stato mentale degli animali, piuttosto che quello fisiologico, quale elemento di valutazione del suo benessere. Tra le parole chiave elaborate per esprimere sinteticamente l'orientamento di questa tendenza troviamo: sentimenti o stati d'animo, pensiero, stato emotivo, gioia, dolore, paura, frustrazione e, per alcune specie, noia. Oggi, quando si cerca di valutare il benessere dell'animale, si tende a considerare maggiormente o quantomeno a non sottovalutare l'importanza del suo generale stato mentale dell'animale e dei suoi stati d'animo o emozioni (feelings).
Comunque, questo tipo di approccio al benessere animale porta inevitabilmente a delle induzioni soggettive. Anche se nella maggior parte dei casi una supposizione soggettiva si traduce in una corretta deduzione, la sua validità, almeno nella situazione attuale, non è scientificamente verificabile. Pur trovando affascinante la possibilità di addentrarsi in questo campo, ho deciso di dare a questo testo di base un taglio prevalentemente pragmatico e di maggiore rigore, avendo scelto di fornire ai lettori, per quanto possibile, soprattutto degli strumenti di valutazione e misurazione del benessere basati essenzialmente su un solido fondamento scientifico. D'altronde, i sentimenti e lo stato mentale di un animale sono parametri individuali affidati alla valutazione soggettiva dell'osservatore e sono ancora poco definiti e non misurabili in maniera diretta. Invece, la possibilità di quantificare le funzioni biologiche fornisce un supporto di solidità scientifica e di affidabilità al valutatore e a tutte le parti interessate, allevatori, commercianti, legislatori, consumatori, associazioni animaliste ecc...

Qualunque sia il punto di vista prediletto dal lettore, rimane fermo il fatto che:

Come sono evolute la percezione e la consapevolezza del benessere animale nella società dei consumi L'interesse per il benessere animale, visto come vero e proprio sistema di pensiero, si può far risalire all'età del Bronzo, durante la quale si sviluppò la civilizzazione della Valle dell'Indo (2600-1900 AC), e la cui religione riteneva che i morti ritornassero in questo mondo sotto una qualsiasi forma animale. Questo credo rappresenta ancora oggi uno dei fondamenti della religione Jainista e di altre religioni minori diffuse in India, per cui gli animali devono essere trattati con lo stesso rispetto dovuto agli esseri umani.
In tempi e luoghi a noi più familiari, nel 1822 Richard Martin fece circolare all'interno del Parlamento Britannico un manifesto che rivendicava protezione dalla crudeltà per bovini, cavalli e pecore, facendo appello alla moralità e al comportamento umano. Nel 1824 Martin fondava la prima organizzazione al mondo per il benessere animale, la Società per la Prevenzione della Crudeltà verso gli Animali, che nel 1840 ricevette il beneplacito della Regina Vittoria.

Ma solo più recentemente, a partire dagli anni 60, l'atteggiamento della società nei confronti degli animali da reddito destinati all'alimentazione umana inizia a cambiare. La pubblica opinione esprime in modo sempre più consapevole delle preoccupazioni di ordine morale circa il trattamento degli animali allevati con sistemi di produzione intensiva su larga scala. In particolare, cambiano i punti di vista su sistemi di produzione, cura e gestione, tipo di alimentazione, trasporto e macellazione.
L'inizio della querelle sul benessere animale si può far risalire al 1964, anno in cui Ruth Harrison pubblica il libro "Animal Machines" sollevando la questione del benessere degli animali allevati in modo intensivo. In seguito allo scalpore causato da questo libro, il governo inglese commissiona a un gruppo di ricercatori uno studio sul problema e ne scaturisce il Rapporto Brambell del 1965, che oltre ad essere uno dei primi documenti ufficiali a mettere in primo piano il problema del benessere animale, porta ad applicare l'etologia al benessere animale per lo studio degli animali d'allevamento. Inoltre, enuncia una serie di principi, ripresi poi dal British Farm Animal Welfare Council nel 1979, delle cinque libertà per la tutela del benessere animale che, nella loro versione più attuale, si possono enunciare nel seguente modo:

  1. libertà da fame, sete e malnutrizione, favorendo l'accesso ad acqua fresca e pulita e a una dieta che garantisca all'animale salute e vigore fisico;
  2. libertà dai disagi ambientali, predisponendo per ogni specie uno specifico ambiente adeguato e con ricovero, stazionamento e decubito confortevoli;
  3. libertà da dolore, malattie e lesioni, adottando sistemi di prevenzione e di rapido intervento sanitario;
  4. libertà di poter manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche, predisponendo spazi e strutture adeguati e favorendo la socializzazione con animali della stessa specie;
  5. libertà da paura e stress, soprattutto migliorando la qualità del rapporto dell'animale con gli operatori addetti alla sua gestione e cura.
Scienziati e studiosi della nuova materia si sono cimentati in definizioni esaustive del benessere, alcune delle quali sono diventate nel tempo delle fondamentali enunciazioni di riferimento per il mondo scientifico:
La visione squisitamente antropocentrica che aveva sempre ispirato il comportamento dei produttori e dei consumatori nei riguardi degli animali comincia a cedere terreno a una concezione zoocentrica. Prende sempre più piede la consapevolezza che la società non debba concedere benevolenza agli animali, bensì imporsi dei codici comportamentali e degli obblighi verso questi ultimi. Tuttavia, riuscire a formalizzare questi valori in codici comportamentali richiede uno sforzo notevole. Intanto, questa nuova scuola di pensiero inizia a coinvolgere il mondo scientifico al punto che nascono nuove discipline scientifiche e accademiche che dissertano e indagano sul benessere animale, cercando di definire standard manageriali e criteri di valutazione e misurazione del grado di benessere sia a livello dell'allevamento nel suo complesso sia a livello del singolo soggetto.

Poiché normalmente le leggi sono espressione delle norme etiche di una società, anche i legislatori affrontano i problemi del benessere animale e tendono a emanare leggi in grado di mediare tra l'interesse produttivo degli allevatori e la definizione di standard produttivi che garantiscano comunque dignità e cura agli animali. In particolare, sono definiti standard minimi per la stabulazione, per l'arricchimento degli ambienti e degli spazi individuali, per gli edifici e le dotazioni, per l'aerazione, per il trasporto e per la macellazione. Sono identificate e bandite molte di quelle pratiche non necessarie che provocano sofferenza agli animali. Il 15 ottobre 1978 viene proclamata presso la sede dell'UNESCO a Parigi la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Animale. L'articolo 9 recita così: Nel caso che l'animale sia allevato per l'alimentazione, deve essere nutrito, alloggiato, trasportato e ucciso senza che gli vengano causati angoscia e dolore. Gli animali sono infine riconosciuti come "esseri senzienti" dal Trattato firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 dai ventisette Paesi dell'Unione Europea.

Questa dichiarazione rappresenta una pietra miliare nella storia del benessere animale e del suo sviluppo, perché significa che è riconosciuta agli animali la capacità di sviluppare processi cognitivi per valutare situazioni e atteggiamenti a loro favorevoli o sfavorevoli, definizione che sancisce una volta di più il diritto che hanno gli animali al benessere e al rispetto, anche e soprattutto quando sono destinati all'alimentazione umana. Abbiamo quindi un obbligo morale e giuridico nei confronti degli animali che utilizziamo, e tale obbligo ci impone di non causare loro mai danni gravi. Quando decidiamo del nostro agire nei confronti degli animali, dobbiamo impegnarci a compensare o giustificare il danno fatto a un singolo soggetto con i benefici che ne derivano agli esseri umani o ad altri animali (Hodges 2003).

La situazione attuale vede una società civile che esprime crescente interesse di tipo etico per la qualità di vita degli animali, in particolare di quelli allevati con tecnologie intensive finalizzate allo sfruttamento. Il benessere animale diventa sempre più un valore e una discriminante per il consumatore "evoluto" che chiede di sapere se l'animale di cui si appresta a consumare un prodotto ha subito trattamenti ingiustamente e inutilmente dolorosi. Associazioni dei consumatori, animalisti e ambientalisti guardano con attenzione alle condizioni di allevamento e chiedono che agli animali destinati al consumo alimentare vengano garantite le migliori condizioni possibili di benessere psico-fisico compatibili con l'interesse commerciale. Si comincia a richiedere che siano inseriti nell'etichetta che accompagna il prodotto al consumo anche i dati sullo stato di benessere animale. Gli allevatori s'interessano agli aspetti produttivi legati al benessere animale, con la crescente consapevolezza che un animale in buono stato di benessere fisico e psichico produce di più e meglio. Gli operatori della sanità animale mettono in diretta relazione lo stato di benessere con l'incidenza delle malattie e viceversa. Gli etologi studiano gli atteggiamenti comportamentali degli animali quale espressione di maggiore o minore benessere sia fisico che psichico.

In un periodo relativamente breve, il campo del benessere animale è diventato a tutti gli effetti una scienza multidisciplinare in cui si impegnano molte tipologie di operatori, tutti ugualmente importanti nel valutare lo stato di benessere delle diverse categorie di animali, che siano da affezione, da reddito, da lavoro o selvatici.

L'approccio multidisciplinare soddisfa tutte le correnti di pensiero e permette a ognuno di porre maggiore enfasi su ciò che gli è più congeniale ai fini della valutazione del benessere animale senza trascurare gli altri tipi di valutazione: livello di produttività, comportamento, psiche, anatomia, fisiologia, salute e immunità.

Attualmente, la raccomandazione più diffusa e condivisa dal mondo scientifico è che il benessere animale debba essere "comunque" determinato secondo standard sempre più rigorosi, scientificamente solidi e possibilmente misurabili, e sempre meno secondo criteri soggettivi (OIE 2007).
In questa direzione opera la ricerca scientifica nel tentativo di riuscire a sviluppare, sperimentare, validare e proporre solidi protocolli di valutazione del benessere. Questi protocolli devono incorporare principi derivati da studi scientifici dettagliati, ma devono anche essere basati su osservazioni cliniche, livello di motivazione, stato fisico e performance produttiva. Delle valutazioni basate su un unico parametro non consentono di risalire alla storia completa del soggetto e tanto meno di chiarire le cause dell'assenza di benessere; potranno eventualmente dire che l'animale è in uno stato di sofferenza ma senza spiegarne la causa. Le cinque libertà forniscono un protocollo che incorpora i diversi elementi che definiscono lo stato di benessere, ma lo descrivono solo al momento dell'osservazione. Perciò, è necessario integrare nella valutazione anche elementi che forniscano evidenza delle conseguenze a lungo termine sull'animale dovute alla qualità delle pratiche di allevamento (es. condizioni fisiche, ferite croniche ecc).

Se il mondo scientifico riuscisse a indicare sia i diversi elementi critici del benessere sia la soglia minima sotto alla quale si ritiene necessario intervenire per rimuovere o risolvere problemi specifici, avremmo a disposizione degli strumenti di valutazione e di gestione molto più efficaci. In effetti, in questo senso sono attualmente orientati gli sforzi della ricerca scientifica.

Rimane aperta la domanda, diffusa sia tra il pubblico sia tra gli scienziati: "gli animali sentono come noi?". Riguardo al sentire inteso come "pensare", esiste un limite oggettivo a tali speculazioni poiché non possiamo dire esattamente che cosa un animale "pensa" giacché possiamo usare solo i nostri concetti per spiegare il contenuto del suo pensare mentre gli animali non possiedono questi concetti. Riguardo al sentire inteso come "sofferenza", possiamo distinguere due diversi tipi di sofferenza: quella causata da dolore fisico e quella dovuta a privazioni o restrizioni, condizioni ambientali sfavorevoli e/o impossibilità dell'animale a esprimere le proprie attitudini. A prescindere dal fatto che il dolore fisico è molto soggettivo anche negli uomini, per sapere se un animale soffre come l'uomo si dovrebbe conoscere perfettamente il suo sistema nervoso e in particolare la sua dotazione neuronale periferica. Inoltre, come accennato in precedenza, all'etologia moderna mancano ancora sufficienti informazioni utili a spiegare il contenuto semantico di gran parte dei segnali animali.



Creative Commons License
Presentazione del curatore del Volume - Benessere animale; editore Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle marche, Perugia, 2010 Biancifiori F. is licensed under a Creative Commons Attribuzione 2.5 Italia License.
Permissions beyond the scope of this license may be available at http://indice.spvet.it/adv.html.