Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche
Webzine Sanità Pubblica Veterinaria: Numero 41, Aprile 2007 [http://www.spvet.it/] ISSN 1592-1581
Documento reperibile all'indirizzo: http://spvet.it/indice-spv.html#368

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Allergies and food intolerances: pathology and economic, social, psychological repercussions
Allergie e intolleranze alimentari: patologia e ripercussioni economiche, sociali, psicologiche


Meloni F.

Serie di informazione e divulgazione per i consumatori

Abstract: This paper outline critical topics inherent allergy and the food intolerance. It constitutes a trouble because in some circumstances this food may cause serious health problems. Have been taken into consideration: the medical points of view, signalling the food that frequently causes clinical and pathological manifestation. the prevention, emphasizing the importance of the label in the food products; the greater expenses for the purchase of special food; the welfare measures proposed by the institutions; the psychological aspects on the life of the patient and for his family. Data emphasize that these pathologies, beyond the clinical field, they invest the economic and psychological sphere, thus diminishing the quality of life of affected people. Allergies and food intolerances are therefore a huge social problem and require a composite approach: Medical, psychological and institutional.


Allergia e l'intolleranza alimentare

L'allergia e l'intolleranza alimentare influenzano profondamente la qualità della vita del paziente e della sua famiglia poiché l'assunzione, anche di una minima dose dell'alimento "allergico", può causare seri danni. Per questa ragione i costi sociali di queste patologie sono molto elevati, non solo in termini di assistenza medica ma anche sotto il profilo psicologico e della qualità della vita.
Nell'immaginario collettivo la percezione della gravità delle allergie e intolleranze alimentari, trascende la concreta presenza della patologia emersa dagli studi clinici: infatti analisi statistiche compiute sia negli adulti che nei bambini, mostrano che una persona su tre crede di soffrire di allergia alimentare, in realtà gli individui che ne sono effettivamente affetti (atopici) sono circa il 2% della popolazione adulta e circa l'8% della popolazioni infantile da 0 a 3 anni (nella gran parte dei casi la patologia sparisce in età scolare).
Per affrontare questa delicata problematica è in primo luogo è necessario distinguere i caratteri di allergia alimentare, da quelli dell'intolleranza alimentare.

Allergia alimentare

L'allergia alimentare è una patologia caratterizzata da una risposta immunologica anomala ed imponente nei confronti di specifiche proteine alimentari (allergeni), normalmente innocue, che vengono giudicate nocive dall'organismo ed "attaccate" da determinati anticorpi.
Questi comportano il rilascio di sostanze biochimiche che provocano molteplici sintomi: prurito, lacrimazione, congestione nasale, orticaria, nausea, diarrea, asma.
Le reazioni sono solitamente immediate e localizzate, in genere di entità relativamente lieve, ma in alcuni casi possono essere acute e letali configurandosi nel cosiddetto "shock anafilattico", stato critico contraddistinto dalla precipitazione della pressione arteriosa che può portare all'arresto cardiaco.
Ogni cibo è potenzialmente un allergene ma nel 90% dei casi gli alimenti "pericolosi" sono: Latte vaccino, uova, grano, arachidi, soia, pesce, crostacei, frutta, frutta secca, verdura, additivi.

In questa sede ci occuperemo nello specifico degli alimenti "allergici" di origine animale.

Latte vaccino

La prima diagnosi documentata di allergia al latte risale sorprendentemente a 2000 anni fa; fu infatti il padre della medicina, Ippocrate di Kos (460 - 377 a.C. circa), a verificare il primo episodio di allergia al latte.
L'allergia alle proteine del latte vaccino risulta età-dipendente perché tende ad esaurirsi con lo sviluppo dell'individuo: una indagine danese condotta dagli studiosi Host e Halken, testimonia che il 3% circa dei bambini esaminati evidenziava la patologia, che però svaniva per il 57% dei casi entro il primo anno di vita e per l'87% dopo i tre anni.
L'allergia al latte è dovuta soprattutto alla caseina, proteina considerata come il più potente allergene capace di provocare reazioni cutanee. I processi di pastorizzazione non diminuiscono il valore allergometrico delle proteine del latte vaccino, poiché gli allergeni resistono al calore.
Il paziente allergico al latte che segue una dieta di esclusione deve evitare l'ingestione degli alimenti che lo contengono (burro, panna, formaggio, yogurt, caramelle, carne in scatola, dolciumi, pane, fette biscottate, pizza, gelati, succhi di frutta, maionese, insaccati).

Uova L'allergia all'uovo è moderata ma in alcuni casi gravi può provocare shock anafilattici. Nell'uovo di gallina l'albume ha un potere allergico maggiore rispetto al tuorlo. L'atopico all'uovo riesce a tollerarlo se ben cotto ma non può consumarlo crudo. Nella dieta delle persone affette da questa allergia, devono essere esclusi alimenti come maionese, frittata, biscotti e torte, cereali per la prima colazione, crema, gelati, prodotti di trasformazione della carne e prodotti che contengono emulsionanti, come le lecitine derivate dall'uovo. In alcuni casi chi è allergico a questo alimento lo è anche alla carne di pollo.

Pesce

Il pesce è un alimento ricco di proteine ed alcune di queste possono essere allergeni. Le varietà di pesce più "allergiche" sono il merluzzo e il salmone. Fra i cibi da evitare segnaliamo acciuga e pasta di acciughe, uova di pesce, surimi.

Crostacei e molluschi

Le allergie nei confronti di crostacei come gamberetti, gamberi, aragoste, granchio, astice, e molluschi quali cozze, vongole, ostriche, lumache di mare, polipi, calamari e seppie, sono molto diffuse tra gli adulti. Anche in questo caso, se si è allergici ad un particolare crostaceo è probabile che si abbia la stessa reazione nei confronti di altri alimenti appartenenti alla stessa classe.

Carne di maiale

Le affezioni dovute alla carne suina sono estremamente rare ma possono manifestarsi in modo anche grave sotto forma di orticaria, asma, sindrome orale allergica (comparsa di gonfiore, prurito, papule del cavo orale, delle labbra e della gola), dermatite atopica (eruzione cutanea pruriginosa). Studi clinici hanno rilevato la presenza di alcuni allergeni nella carne suina che protraggono la capacità di indurre allergia anche dopo la cottura.

Probabili cause delle allergie alimentari

I fattori che determinano la presenza delle allergie sono diversi.
La predisposizione genetica sembra una causa accertata. Infatti nel neonato che ha un genitore allergico il pericolo che si manifesti la patologia è due volte superiore rispetto a bambini che hanno genitori non atopici.
Questa predisposizione ereditaria associata a cause ambientali (inquinamento ed esposizione ad allergeni nell'aria), a infezioni virali nella prima infanzia o all'esposizione al fumo di sigaretta, facilitano l'emergere di allergie.
E' stato esaminato che nei neonati, l'allattamento al seno ridurrebbe il rischio di affezioni allergiche.

Recentemente sta raccogliendo molti consensi una tesi che individua nell'eccesso di igiene la causa delle manifestazioni allergiche, chiamata "Hygiene hypothesis".
La teoria dell'"Hygiene hypothesis" suggerisce che la ridotta esposizione a patogeni e la mancanza di infezioni in età neonatale, porta ad una minore efficacia dei meccanismi di difesa dell'organismo, in qualche modo favorendo lo sviluppo della malattia allergica.
Lo sviluppo e la commercializzazione di cibo transgenico potrebbe essere un'altra causa. Il rischio degli alimenti GM (geneticamente modificati) è quello del trasferimento di potenziali allergeni.
E' nota la vicenda di un tipo di soia nella quale, per incrementare il valore nutrizionale, fu immesso un gene della noce. La conseguenza fu che individui atopici alla noce e non alla soia, risultavano ora allergici alla soia "modificata".
Il prodotto fu rimosso dal commercio e la FDA (Food and drug administration statunitense) insieme all' Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) adottarono un sistema di controlli per valutare l'allergenicità dell'alimento transgenico: se l'alimento geneticamente modificato è ricavato da una fonte nota per la sua allergenicità, vengono effettuati dei test su volontari e solo se i test risultano negativi, il prodotto può essere commercializzato. Se un solo test risulta positivo il prodotto deve essere scartato o qualora si decida di immetterlo sul mercato, sull'etichetta devono essere indicati la sua esatta origine, l'avvertenza di rischio di sensibilizzazione (per soggetti non atopici, che possono però sensibilizzarsi ai componenti allergenici del nuovo alimento) e la presenza di allergeni. Va ricordato che non esisterebbero ancora studi per accertare con esattezza l'incidenza dei cibi transgenici sull'aumento delle allergie.

Intolleranza alimentare

L'intolleranza alimentare può scatenare sintomi simili alle allergie ma la reazione non implica gli stessi meccanismi immunologici. Le intolleranze o ipersensibilità alimentari derivano dall'incapacità dell'organismo di digerire un determinato alimento o componente alimentare; difficilmente provocano reazioni violente ed immediate (i sintomi possono presentarsi da 1 a 36 ore dopo l'ingestione del cibo incriminato).
I maggiori responsabili di intolleranze alimentari sono lattosio e glutine.

Intolleranza al lattosio

Il lattosio è lo zucchero del latte che, negli individui non soggetti a intolleranza, viene scomposto da uno specifico enzima in zuccheri semplici che vanno poi in circolo nel sangue.
Quando questa funzione enzimatica è ridotta, il lattosio non scisso genera sintomi come crampi e dolori intestinali, diarrea, flautolenza.
I bambini in età neonatale sono provvisti di una quantità sufficiente di lattasi per assimilare il latte materno. Successivamente, con lo svezzamento, negli individui intolleranti l'enzima non viene più prodotto o viene prodotto in dosi minori fino all'età adulta. I lattasi-deficienti devono evitare i derivati del latte e gli alimenti che contengono lattosio.

Intolleranza al glutine

L'intolleranza al glutine, conosciuta come Celiachia, si manifesta quando l'organismo non tollera questa proteina presente nel grano, nell'orzo, nella segale e nell'avena, farine presenti anche come additivi in molti prodotti di norcineria.
Se il celiaco, nonostante i sintomi, continua ad assumere glutine può ledere l'intestino e limitarne la capacità di assorbire sostanze nutritive indispensabili.
I sintomi dovuti alla Celiachia sono diarrea, dolori addominali, dimagrimento, indebolimento muscolare, prurito della cute. I dati statistici segnalano che un individuo su cento soffre di Celiachia.

Il paziente celiaco deve escludere dalla sua dieta molti alimenti: Le cause delle intolleranze alimentari sono pressoché sconosciute. Ciò che è stato verificato è l'ereditarietà di molte di tali affezioni.

Prevenzione delle allergie e delle intolleranze alimentari

Dopo aver effettuato una diagnosi completa e aver stabilito quali sono gli alimenti o componenti alimentari responsabili delle allergie o delle intolleranze, l'unica forma di prevenzione per il soggetto atopico è seguire una dieta di esclusione di tali alimenti (in caso di intolleranza alimentare o di allergia leggera, con valore allergometrico basso dell'alimento "responsabile", può essere sufficiente moderare le porzioni).
L'atteggiamento precauzionale più efficace è certamente quello di leggere con estrema attenzione le etichette degli alimenti in modo tale da evitare i prodotti contenenti allergeni; in caso di pasto fuori casa è necessario esporre il problema e i propri bisogni all'ospite o al ristoratore.
La questione delle allergie è un considerevole problema per quanto riguarda la sicurezza alimentare, per questo esistono delle normative che i produttori seguono scrupolosamente: devono essere adottate pratiche di buona fabbricazione (GMP - Good Manufacturing Practice) al fine di segnalare la presenza negli ingredienti di allergeni e vanno istituiti metodi di analisi dei punti critici (HACCP - Hazard Analysis Critical Control Points) onde evitare contaminazioni incrociate nei processi di produzione e di stoccaggio.

Etichettatura

La Direttiva 2003/89/CE del Parlamento Europeo del 10 novembre 2003 (http://europa.eu.int/eur-lex/pri/it/oj/dat/2003/l_308/l_30820031125it00150018.pdf), modifica la Direttiva 2000/13/CE riguardante l'indicazione degli ingredienti sulle etichette, obbligando i produttori a inserire tutti gli ingredienti potenzialmente allergeni anche se presenti in basse quantità, tra i quali cereali contenenti glutine, crostacei, uovo, pesce, arachide, soia, latte, frutta con guscio, sedano, senape, semi di sesamo, anidride solforosa.
La dichiarazione in etichetta è obbligatoria, indipendentemente dalla quantità, ad eccezione dell'anidride solforosa e solfiti per i quali è fissato un limite di 10 mg/kg. Lo scopo della direttiva è quello di fornire al consumatore tutte le informazioni necessarie riguardo la presenza di allergeni nell'alimento, anche se provenienti da un additivo o da un coadiuvante che sia rimasto anche solo parzialmente come residuo nell'alimento stesso.
La vendita dei prodotti non conformi alla Direttiva 2003/89/CE è vietata a decorrere dal 25 novembre 2005 ma un'indagine del Movimento Consumatori, i cui risultati sono stati pubblicati nel dicembre 2006, ha evidenziato che in alcuni alimenti permangono tracce di allergeni non indicati in etichetta. Su 120 prodotti esaminati il 22% circa presentava allergeni. Questo avviene sia perché contaminazioni casuali in fase di produzione determinano la presenza di quantità microscopiche ma rilevabili di allergeni, sia perché la molteplice composizione degli alimenti rende difficile garantire l'assenza dei componenti potenzialmente "pericolosi". Le conclusioni tratte da questa inchiesta sostengono che l'etichetta da sola non è in grado di garantire la sicurezza per gli individui atopici.
Per il Movimento Consumatori le aziende produttrici devono potenziare il loro piano di controllo dei punti critici coadiuvato da adeguati controlli analitici.

Costi sociali

Le malattie nell'uomo implicano mutamenti non solo sotto il profilo biologico ma alterano anche l'identità personale e sociale del malato e della sua famiglia coinvolgendo la sfera economica e quella psicologica. Le allergie non fanno eccezione, al contrario le innumerevoli implicazioni che comportano, evidenziano come queste patologie debbano essere considerate come un vero e proprio problema sociale e vanno affrontate anche dalle istituzioni e dallo Stato che, per assicurare un accettabile grado di benessere alla persona malata, è tenuto a cambiare le sue politiche di Welfare.
La malattia allergica comporta oltre ai costi diretti (prezzo dei farmaci, spese sanitarie legate a ricoveri e medici) anche spese indirette (acquisto di generi alimentari alternativi, perdita di giornate di lavoro o di scuola) e quelle non quantificabili economicamente quali il cambiamento delle abitudini di vita e la limitazione delle relazioni sociali.

Riflessi economici

In Italia non sono ancora stati effettuati studi statistici specifici riguardo ai costi diretti totali dovuti ad allergie e intolleranze alimentari, poichè la molteplicità e la complessità delle cause e delle manifestazioni di queste patologie, spesso connesse tra loro, rendono problematico il calcolo di una stima precisa delle spese.
Esistono solamente studi nei confronti di manifestazioni specifiche come la dermatite atopica (patologia che può scaturire da forme allergiche non necessariamente alimentari), per la quale è stata calcolata la spesa media che ciascun paziente deve sostenere pari a 1.248 € annui (fonte:AIEA - Associazione Italiana Eczema Atopico).
La maggior parte delle spese connesse alle allergie e intolleranze alimentari è dovuta all'acquisto di alimenti speciali (come i prodotti gluten-free), a farmaci inibitori come gli antistaminici e a medicinali salvavita come l'adrenalina autoinniettabile fastjekt.
Il Servizio Sanitario Nazionale ha stimato il fabbisogno di alimenti senza glutine con un tetto di spesa mensile pari a 139,44 € per il maschio adulto e 98,13 € per la donna (fonte: Rapporto sulle politiche della cronicità del Ministero della Salute, 2005).
Questa spesa è giustificata dall'alto prezzo degli alimenti gluten-free rispetto agli alimenti "normali": mentre ad esempio, ½ Kg di pasta con glutine costa all'incirca 0,70 €, la pasta senza glutine comporta una spesa di circa 3,30 €, approssimativamente il 400% in più; per il pane ordinario servono mediamente 3,10 € al Kg (dati ISTAT del 2006), mentre quello privo di glutine può costare addirittura 17,00 €.

Per sostenere queste ingenti spese, il Ministero della Salute riconosce, ai soggetti affetti da Celiachia, l'erogazione gratuita di prodotti dietoterapeutici senza glutine (L. 4 luglio 2005, n. 123 Pubblicata nella Gazz. Uff. 7 luglio 2005, n. 156. http://www.celiachia.it/norme/legge123-2005.asp); la persona celiaca può acquistare gratuitamente i prodotti gluten-free nelle farmacie pubbliche grazie ad un fondo speciale stanziato dal Ministero dell'economia e delle finanze. La normativa indica una concreta attenzione da parte del Governo nei confronti della malattia celiaca che viene riconosciuta come una rilevante malattia sociale.

Per quanto riguarda i farmaci, gli antistaminici, per la cura sintomatica in grado di inibire le sostanze responsabili delle manifestazioni allergiche (tra cui l'istamina da cui il farmaco prende nome), comportano una spesa intorno ai 10 € per confezione contenente circa 15 compresse a rilascio prolungato.
La cura va somministrata solo in presenza dei sintomi ed è difficile calcolare una spesa media per ogni soggetto. Nel 2004, l'allora ministro della salute, Gerolamo Sirchia, tramite un'Ordinanza, classificò in classe A, cioè a completo rimborso da parte del Servizio Sanitario Nazionale, i medicinali antistaminici che precedentemente erano a carico del cittadino. L'Ordinanza è valida, previa la prescrizione del medico, per pazienti affetti da patologie allergiche gravi, che necessitano di trattamenti superiori a sessanta giorni.

Il farmaco fondamentale nella cura alle allergie è l'adrenalina autoinniettabile, un prodotto di primo intervento che va usato immediatamente in caso di crisi e shock anafilattico. Il suo costo si aggira intorno agli 80 € per confezione ma nel 2005 il medicinale è stato riclassificato in fascia H, vale a dire che ora viene erogato gratuitamente dalle farmacie ospedaliere, anche se resta a pagamento nelle farmacie aperte al pubblico.

Riflessi psicologici

Negli ultimi anni sono cambiati gli approcci terapeutici nei confronti delle intolleranze e delle allergie alimentari. Lo studio clinico, sperimentale e farmacologico è fondamentale per la cura di queste patologie ma da solo non può soddisfare la complessità delle problematiche riguardanti il paziente allergico.
La figura del malato va valutata non solo in relazione alla sua patologia, ma in quanto persona, con particolare interesse all'analisi della sua qualità della vita, della sua frustrazione, dell'alterazione delle dinamiche sociali e relazionali che la sua condizione comporta.
La scoperta di dover rivoluzionare la propria condotta alimentare, che può presentarsi in qualsiasi momento della vita, non è di facile accettazione. La sfera alimentare rappresenta una vasta manifestazione di complessi legami culturali e psicologici, che oltrepassano di gran lunga il naturale fabbisogno di cibo.
Il cibo è carico di significati allegorici e rappresenta nella storia delle civiltà uno dei momenti essenziali della ritualità collettiva. Cene con amici, feste, aperitivi e tutti i pasti collettivi sono eventi che comportano interazioni relazionali e non solo semplici momenti per l'alimentazione.
Perciò considerando il proprio sfondo culturale e modo di vivere, apprendere di stravolgere necessariamente il proprio comportamento alimentare, può essere traumatico. Evitare un determinato cibo, che in alcuni casi è stato assunto per gran parte della vita, può dare origine a diversi sentimenti quali ansia, tristezza, rabbia e inadeguatezza, che scoraggiano l'individuo allergico e lo portano a rintanarsi in se stesso evitando cene, ristoranti e pasti collettivi o antiteticamente lo spingono a negare la propria patologia disattendendo la dieta di esclusione.
A seconda che la patologia si manifesti durante l'infanzia o durante l'adolescenza, causa aspetti comportamentali e manifestazioni psicologiche diverse.
Nel bambino il riadattamento alimentare è meno scioccante che nell'adolescente o nell'adulto, perché le connessioni psicologiche tra alimentazione ed esperienze emotive non sono ancora strutturate. Questo è valido fino all'età scolare, quando oltre il confine familiare il confronto con altri bambini provoca una sensazione di diversità. Per eliminare tale sensazione c'è il rischio che il bambino sia tentato di consumare alimenti "proibiti".
Il genitore deve intervenire con razionalità spiegando le complicanze della patologia al bambino, ma anche coinvolgendo insegnanti e personale scolastico e sensibilizzando gli altri bambini.
L'adolescenza è un periodo di cambiamento radicale, in cui il ragazzo si scosta dall'ambiente familiare e prende come riferimento l'insieme dei coetanei.
La trasformazione del proprio corpo pone il giovane in una condizione di perenne agitazione e soprattutto nei ragazzi celiaci, può comportare un ritardo della crescita e conseguentemente provoca insicurezza sulla propria funzionalità corporea e paura di non essere accettato dagli altri.
Il rischio è quello di una condotta passiva, una chiusura in se stessi con un impoverimento della vita sociale, che si configura in un vero e proprio isolamento. Anche in questo caso il ruolo della famiglia è decisivo: il genitore deve spiegare esaurientemente la malattia e deve incentivare il ragazzo a non celare la propria condizione ma illustrarla ai coetanei. Incrementando il dialogo con semplicità e naturalezza si supera la sensazione di inadeguatezza e diversità ed è più facile integrarsi con gli altri.

Uno studio condotto dall'Ambulatorio di Celiachia dell'Università Federico II di Napoli ha evidenziato che il 60% dei soggetti celiaci interrogati rivelava 3 personalità predominanti: reattivi (irritabili, depressi, facili al pianto), pessimisti (sfiducia nel futuro, si sentono inutili, insicuri), apatici (disinteressati alla realtà, alle relazioni sociali, sentono di avere una vita vuota).
L'altro 40% rappresentava personalità equilibrate, propositive, adattate al cambiamento dietetico. La differenza tra le due classi stava non solo nella conoscenza medica della patologia ma anche nella consapevolezza della propria condizione e nella dimestichezza nella scelta del cibo.
Questi studi suggeriscono che la malattia celiaca in particolare, genera stati d'animo depressivi e appare perciò indispensabile una terapia di supporto psicologico con lo scopo di sostenere il paziente e la sua famiglia.

Conclusioni

Le allergie e le intolleranze alimentari necessitano di un'analisi del paziente nella sua globalità. Queste patologie investono diverse sfere della vita ed esigono perciò un approccio multidisciplinare. La "battaglia" va combattuta, al di là dell'aspetto clinico, sul fronte delle valenze psicologiche che non vanno tralasciate ma affrontate senza esitazioni e con consapevolezza.
Allo stesso tempo sarebbe opportuno che le istituzioni definissero una convincente strategia, sulla base di uno studio statistico accorto, in grado di determinare i modi più consoni per trattare la malattia ma anche incrementando, le misure a sostegno del reddito per agevolare pazienti e familiari così da accrescerne la qualità della vita.


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Intervista ad una ragazza celiaca

Per una comprensione più approfondita delle intolleranze alimentari, abbiamo posto alcune domande ad una ragazza celiaca di 28 anni a cui è stata diagnosticata la malattia durante l'adolescenza. Le sue risposte tratteggiano una situazione

Come ti sei accorta di essere affetta da Celiachia?

I primi sintomi li ho avuti quando ero molto piccola. In seguito non si ripresentarono e non furono collegati alla patologia che non venne diagnosticata. In quegli anni la conoscenza della Celiachia era scarsa. A 15 anni, dopo un periodo di forte affaticamento, una analisi del sangue rivelò una carenza di di ferro (elemento spia per la malattia celiaca). Mi sottoposi allora a biopsia intestinale che ebbe esito positivo. Mi fu imposta subito una dieta di esclusione totale. Ebbi anche un colloquio con uno psicologo, il quale mi disse che dovevo imparare a convivere con questa situazione.

I dati analitici suggeriscono una componente ereditaria della malattia celiaca; in famiglia c'è qualcuno che soffre della stessa patologia?

Si. Mio zio ha scoperto di esserne affetto dopo di me, verso i 50 anni.

Cosa significa oggi essere affetto da questo problema in rapporto alla vita di relazione con gli altri?

Quando mi hanno diagnosticato la malattia mi sentivo menomata. Tendevo a nascondere la malattia agli amici, mi sentivo a disagio e a volte evitavo di uscire a cena in pizzeria.
13 anni fa la situazione era molto difficile: c'erano solo due tipi di pane e un tipo di pasta. A scuola fui costretta ad evitare la solita pizzetta e al bar. Sembrava non ci fosse nulla che potessi mangiare, una condizione che è perdurata anche nel periodo universitario. Poi, grazie anche alla maggiore comprensione pubblica della malattia e alla comparsa di nuovi prodotti e punti di ristoro, le mie personali condizioni di vita sono molto migliorate. Ciò che ancora mi irrita è che non posso fare colazione nei bar, non posso mangiare dolci e che non esistono pizzerie da asporto adatte anche per i celiaci.

Ci sono svantaggi economici per una persona che soffre di intolleranze alimentari come la tua ?

Per fortuna c'è una legge che mi permette di acquistare gratuitamente gli alimenti senza glutine in farmacia, ma nei ristoranti e nei supermercati i prezzi rimangono veramente inaccessibili.

Quali servizi vorresti ti fossero dati dal sistema sanitario ?

I servizi offerti dal servizio sanitario per i celiaci sono molto buoni. L'unico appunto riguarda il controllo annuale a cui devo sottopormi, che comporta il necessario ricovero in regime di day hospital e nonostante sia gratuito, rimane un po' seccante. Potrebbe essere più confortevole una visita che non comporti medici specialisti, magari con test effettuabili anche dal medico curante.

[intervista pubblicata con il consenso dell'intervistata]



Ringraziamo la nostra amica che ha voluto parlare con noi della sia storia, fornendo informazioni utili per comprendere meglio cosa sia la celiachia.
Queste patologie investono diverse sfere della vita ed esigono perciò un approccio multidisciplinare.
La "battaglia" va combattuta, al di là dell'aspetto clinico, sul fronte delle valenze psicologiche che non vanno tralasciate ma affrontate con consapevolezza.
Allo stesso tempo sarebbe opportuno che le istituzioni definissero una convincente strategia in grado di determinare i modi più consoni per trattare la malattia, incrementando, le misure a sostegno del reddito per agevolare pazienti e familiari, migliorando la qualità della vita.




Si ringrazia il Dottor Giuseppe Cistaro per la collaborazione alla revisione del lavoro e per gli utili suggerimenti.




Sitografia

http://www.eufic.org

http://www.foodallergyitalia.org

http://www.celiachia.it

http://www.greenplanet.net

http://www.farmasalute.it


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