Biblioteca Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche
Sanità Pubblica Veterinaria: Numero 99, Dicembre 2016 [http://www.spvet.it/] ISSN 1592-1581
Documento reperibile all'indirizzo: http://spvet.it/indice-spv.html#edi99

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EDITORIALE:
Ipertesti, World Wide Web, Xanadu e bit.ly/universo_documentale
Hypertexts, World Wide Web, Xanadu project and the Docuverse
[Ver. 002]

Raoul Ciappelloni



Abstract. The editorial proposes a reflection on the Hypertexts. After twenty years from their presumed birth with the World Wide Web, it may seem a topic that has now passed, meanwhile it is still in full swing. In particular, the article detailed examines Theodore Holm Nelson's Xanadu project. This project has always been cited by all those who deal with hypertextuality, mostly considering it as the utopia of a dreamer genius. Xanadu instead has many aspects of great importance, worthy of deployment in current Systems. It addresses in a fundamentally appropriate way, the central knot of storage, indexing and quoting knowledge, with particular interest for the scientific community. Over the time, it has inspired the creation of innovative software systems, ultimately creating the conditions for the birth of the World Wide Web. The cited chronology, albeit incomplete, shows how the project has been active for over 50 years. The theoretical features of hypertexts, which are partially represented in the Xanadu project, are compared to the Web, highlighting some of the defective points in the Tim Berners Lee realization. Especially in the new digital context, to which hypertexts belong, almost never programmers tried to exploit the potential of machines to create true hypertextual systems, adapted to the actual user's needs. New ways to access content, such as the use of artificial intelligence and augmented reality, have not been introduced. Instead, the conventional graphic and text metaphors of the analogue reading mode, typical of the World Wide Web, have been continously used. Xanadu, however important and desirable, still remains just a project, except for a limited demo at gist.github.com

Riassunto. L'editoriale propone una riflessione sugli Ipertesti. Dopo un ventennio dalla loro presunta nascita con il World Wide Web, sembrerebbe un argomento ormai superato, mentre invece è ancora in pieno divenire. In particolare l'articolo esamina in dettaglio il progetto Xanadu di Theodore Holm Nelson. Questo progetto è stato sempre citato da tutti coloro che si occupavano di ipertestualità, considerandolo per lo più come l'utopia di un geniale sognatore. Xanadu invece ha tutt'ora molti aspetti di grande rilievo, degni di implementazione nei sistemi attuali. Esso affronta in modo fondamentalmente appropriato il nodo centrale della archiviazione, della indicizzazione e della citazione del sapere, con particolare interesse per la comunità scientifica. Nel tempo ha ispirato la creazione di sistemi software innovativo, determinando infine le condizioni per la creazione del World Wide Web. La cronologia citata, seppure incompleta, mostra come il progetto è stato attivo per oltre 50 anni. La funzionalità teoriche degli ipertesti, rappresentate in parte dal progetto Xanadu, sono poste a confronto con il Web evidenziando alcuni punti carenti della realizzazione di Tim Berners Lee. In particolare nel nuovo contesto digitale, al quale gli ipertesti appartengono, non si è cercato quasi mai di sfruttare le potenzialità delle macchine per creare sistemi ipertestuali adeguati alle esigenze degli utenti. Non sono stati introdotti nuovi modi per accedere ai contenuti come ad esempio l'uso di intelligenza artificiale e realtà aumentata. Si è continuato invece ad impiegare le consuete metafore grafico - testuali della modalità analogica di lettura, tipiche del World Wide Web. Xanadu rimane comunque al livello di progetto. Si può sperimentarne una limitata demo in Rete, alla pagina: gist.github.com



Questo è un articolo aperto ed è accessibile all'indirizzo: [bit.ly/universo_documentale].
I lettori sono invitati a commentare e aggiungere approfondimenti, note e considerazioni. Le aggiunte saranno pubblicatea loro nome (con menzione della data). Vi preghiamo di utilizzare la seguente citazione quando vi riferite, via electronic form o email, a questo materiale:
"Ciappelloni R. (2016). Ipertesti, World Wide Web, Xanadu e universo_documentale". Spvet.it, n. 99
I contributi da aggiungere alla presente pubblicazione possono essere inviati utilizzando:


[Aggiunta al testo 01: 23/08/2018]
Ci viene segnalato un approfondimento sulla lettura a schermo o su supporti ordinari espressa nell'articolo: "Carta o schermo, come sarà il libro del futuro? Il passaggio al digitale pone molte domande sulla possibile scomparsa dei formati tradizionali e sull'impatto che avrà per la nostra memoria. Eppure qualche risposta si può tentare già adesso" di Rosellina Anselmi
http://espresso.repubblica.it/visioni/societa/2014/11/05/news/carta-o-schermo-come-sara-il-libro-del-futuro-1.186668
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Questo editoriale intende proporre una breve riflessione sugli Ipertesti. Dopo un abbondante ventennio dalla loro presunta nascita, sembrerebbe un argomento ormai superato.
Ovunque regna il World Wide Web che si definisce ipertesto globale, come recita Wikipedia: "... dopo la nascita del World Wide Web (1993) l'ipertesto ha avuto un notevolissimo sviluppo. Tutto il Web, infatti, è stato concepito dal suo inventore, l'inglese Tim Berners-Lee, come un ipertesto globale". [Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Ipertesto] .
All'ipertestualità sono precisamente riferite le due lettere "HT" (per HyperText), degli acronimi più noti in Internet: HTTP - HyperText Transfer Protocol, HTML - HyperText Markup Language, XHTML - Extensible HyperText Markup Language.
Pertanto, quando le pagine Web si materializzano nel nostro monitor, dovremmo sapere di essere effettivamente di fronte a: "... Complessi strutturati di informazioni testuali, contenute in un sistema informatico, unite fra loro da rimandi e collegamenti logici che consentono una consultazione secondo percorsi non sequenziali". [Soggettario Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze: http://thes.bncf.firenze.sbn.it/termine.php?id=3757].

Ma è davvero così? L'argomento era stato affrontato su questa stessa rivista in un articolo redazionale dal titolo: "La comunicazione Web based per la Sanita' Pubblica Veterinaria: Consigli per l'uso" (SPVet.it, n. 7; Agosto 2001 - http://spvet.it/arretrati/numero_7/web.html). Rileggendo queste "vecchie" pagine (per i tempi di Internet), ci si accorge che a quindici anni di distanza, si potrebbero riproporre quasi integralmente gli stessi ragionamenti. Ma allora cos'è cambiato nel frattempo?
L'informatica applicata sembra aver fatto notevoli passi avanti. Abbiamo Personal Computer molto potenti e capaci di multimedialità, macchine per la realtà aumentata, soprattutto abbiamo gli smarphone, dei micro-device facilmente dislocabili, in grado di fornire quasi in ogni luogo, le funzionalità di base dei computer e della Rete.
Tuttavia questi strumenti propongono all'utente un ambiente che ripete i consueti schemi di formattazione, uso ed ergonomia dei vecchi, cari testi stampati su carta. Basti pensare alla metafora di sfogliare per cambiare pagina, sfiorando con l'indice il touch screen. Il fatto è che l'intero progetto dell'ipertestualità, partito con grandi promesse sembra essersi, ad un certo punto, arenato. Cos'è accaduto? Proviamo a raccontarlo brevemente.

Tutto ha inizio negli anni '60, quando Ted Nelson pubblica il lavoro: "Complex Information Processing: A File Structure for the Complex, the Changing, and the Indeterminate" (1965). L'articolo è significativo per il nostro discorso sugli ipertesti.
Seppure non si tenesse conto, almeno all'inizio, della Rete, descrive un approccio molto avanzato per i suoi tempi, che ha suscitato una notevole attenzione sull'autore.
Nonostante all'inizio l'autore stesse elaborando sostanzialmente un software per la scrittura e archiviazione testuale (siamo alla metà degli anni '60 del secolo scorso), colpisce la complessità del progetto che Nelson ha in testa. Tale complessità crescerà nel tempo di pari passo con l'evoluzione della tecnologia delle reti di computer fino a descrivere un enorme repository informatico che oltre all'archiviazione dei dati (ai tempi di Nelson si trattava prevalentemente di scritti di varia estensione), avrebbe consentito la loro citazione per inclusione, da lui chiamata "transclusione", del testo originale.

Questi manterrà la sua posizione e le sue caratteristiche, mentre alcune sue parti potranno essere riflesse, in modo esplicito, in quelli successivi che lo citano. Ogni successiva versione, dato che può essere stata puntata da link stabiliti in precedenza, dovrà essere conservata e sarà sempre raggiungibile.
Quindi nel sistema Xanadu, tutto è collegato e nulla va perso. I link sono stabili e percorribili in entrambe le direzioni. In particolare, il diritto d'autore è sempre rispettato mentre i diritti commerciali ad esso legati (da qualcuno definiti "microcopyright"), sono oggettivamente esplicitati ed esigibili, con sistemi automatici, per tutta la produzione documentale.
Proprio la conservazione ed accessibilità delle versioni (in sviluppo del software si chiama "versioning"), porta alla creazione di un metadocumento globale, omnicomprensivo, definito "docuverso" (oggi realizzato in parte dal World Wide Web). Ben lontani da qualsiasi ordinario marchingegno informatico - bibliografico - letterario, ci troviamo di fronte ad un sistema universale per l'archiviazione e diffusione del sapere, che rassomiglia un po' a quello descritto nel racconto "La Biblioteca di Babele" di Jorge Luis Borges (1941). La grandiosità dell'idea fece sicuramente presa su Nelson che cominciò a perseguirla come un progetto politico, in grado di cambiare, per la sua estensione, la società ed il modo stesso di creare scienza. Questo incredibile obiettivo non gli fece considerare realisticamente le grandi difficoltà di implementazione che avrebbe dovuto risolvere il suo Sistema Xanadu.

Basti immaginare i problemi di archiviazione, recupero e backup delle informazioni in uno spazio documentale immenso che oltretutto cresce di giorno in giorno (pensiamo solo all'incremento della letteratura scientifica in campo biomedico). Dare un indirizzo univoco ad ogni singolo byte contenuto nelle memorie di massa di tale mostruoso spazio documentale, ammesso sia possibile, è un impegno di enorme difficoltà ingegneristica. Non dimentichiamo però che Nelson stava elaborando il suo progetto nel pieno della guerra fredda, dove il progresso tecnologico, soprattutto quello dell'informatica, era tumultuoso e sembrava poter realizzare l'impossibile.
Jakob Nielsen riferisce che quando a Nelson fu riferita l'obiezione che un tale sistema era troppo grande per essere gestito dalle macchine disponibili lui avrebbe risposto "... e allora?" La reazione denota una grande fiducia nella tecnologia, non solo sua ma di tutto il magmatico gruppo di lavoro del progetto Xanadu.
A questo punto il World Wide Web di Berners Lee appare come una realizzazione che si avvicina al progetto Xanadu, basata sui computer e le memorie disponibili negli anni '90.

Nella tabella 1 è riportata la cronologia comparativa delle idee di Nelson e degli altri soggetti coinvolti direttamente o indirettamente nello sviluppo dell'ipertesto. Comincia una specie di avventura culturale-tecnologica, dai risvolti epici, cui si è parlato forse troppo poco.

Tabella 1. CRONOLOGIA COMPARATIVA. IL PROGETTO XANADU NEL CONTESTO STORICO-INFORMATICO DAL 1960 AL 2014
IL PROGETTO XANADU EVENTI SIGNIFICATIVI CONCOMITANTI
1945
Inizia la storia dell'Ipertesto.
Vannevar Bush pubblica "As We May Think" sulla rivista The Atlantic Monthly. L'articolo avvia la prima vera riflessione sui sistemi ipertestuali (pur non citando mai questo termine).


1957
L'Unione Sovietica lancia lo Sputnik, la prima presenza umana nello spazio. Gli stati uniti in risposta creano l'Advanced Research Projects Agency (ARPA) che 12 anni dopo darà vita alla Rete Internet. Nasce il cyberspazio che ospiterà infine il World Wide Web come ipertesto.
1960
Theodore Holm Nelson (ha 23 anni), avrebbe creato un software in grado di collegare un'area dello schermo di un monitor con quella di un altro. Nasce così il Progetto Xanadu.
1962
Doug Engelbart, pubblica un report dal titolo " Augmenting Human Intellect: A Conceptual Framework" nel quale (sebbene non utilizzi il termine hyperlink o hypertext) parla di link e linkage come collegamenti in uno spazio informativo.
1963
Nelson precisa il concetto di "transclusione", un sistema citazionale ipertestuale, che consente di includere contenuti esterni in un documento senza perdere il loro contesto.
1963
Ivan Sutherland sviluppa Sketchpad, uno dei primi computer-aided design programs.
1964
La IBM avvia il commercio elettronico con la Airline ticket reservation chiamata SABRE.
1965
Nelson sviluppa il concetto di transclusione (operativamente definita "zippered lists") in una comunicazione presentata all'Association for Computing Machinery.
1965
ARPA finanzia studi su "cooperative network of time-sharing computers" James T. Russel inventa l'optical digital recording and playback - Compact Disk (il primo prototipo fu operative nel 1973).

Nell'Ottobre del 1965, al Bema Show (Business Manufacturers Association, New York), viene esposto l'Olivetti Programma 101 (P101), un elaboratore programmabile considerato il primo (personal) computer desktop della storia.
1967
Mentre Nelson lavora per Harcourt, Brace, (Una casa editrice Americana che pubblica libri per adulti e per l'infanzia), inventa un nome per il suo progetto. Lo chiama Xanadu, in riferimento al poema incompiuto "Kubla Khan" di Samuel Taylor Coleridge.
1967
Douglas Enghelbart brevetta il primo "mouse" per computer (commercialmente disponibile nel 1981).
1968
Nelson presentò la sua idea di ipertesto ad un gruppo tecnico costituito presso la Brown University nel 1968. (Tale versione è stata chiamata SNP, per "Sexus-Nexus-Plesso"),
1968
Dimostrazione di Doug Engelbart al "Fall Joint Computer Conference" di online hypermedia poi chiamato " The Mother of All Demos ". Andrew Maisel riporta una dichiarazione di Engelbart: "Alla fine del 1968 non avevamo solo sviluppato il mouse, ma anche qualcosa come l'Ipertesto, la scrittura dinamica a schermo e la video conferenza". (http://www.superkids.com/aweb/pages/features/mouse/mouse.html).
1969
L'ARPA crea una effettiva Rete informatica fra le maggiori università americane (15 nodi: UCLA, SRI, UCSB, Univ of Utah, BBN, MIT, RAND, SDC, Harvard, Lincoln Lab, Stanford, UIU(C), CWRU, CMU, NASA/Ames) per ricerca e didattica, ma anche con lo scopo di assicurare le comunicazioni in caso di un attacco nucleare che distrugga i sistemi di comunicazione convenzionali.
Alan Kay immagina la realizzazione di un eBook al quale da il nickname Dynabook. (Nello stesso anno, gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin camminano sulla luna - Missione Apollo 11).
1971
Nelson inventa il Modello T o "infilata", una particolare struttura di dati e gli algoritmi correlati. Il Modello T fu inizialmente un sottoinsieme di Xanadu, capace di editare grandi blocchi di testo su cassette a nastro (precursore del word processor).
1971
Raymond Samuel "Ray" Tomlinson, (Cambridge - Massachusset implementa il primo sistema email in Arpanet Nick Sheridon al Palto Alto Research Center PARC inventa l'inchiostro e carta elettronica Michael Hart lancia il Project Gutenberg (repository elettronico per libri classici fuori copyright) all'Università dell'Illinois.
1972
Cal Daniels completa la prima versione dimostrativa del software Xanadu (implementazione in Algol e Fortran) su un computer che Nelson aveva affittato per l'occasione. Poco dopo Nelson esaurisce i fondi disponibili.
1973
Martin Cooper sviluppa il primo prototipo di telefono celulare (mobile phone) Robert Metcalfe a Xerox Park inventa un modo per collegare computer di diversa tipologia fra loro. La rete viene chiamata Ethernet, probabilmente ispirandosi al termine eterogeneo ed a etere luminifero (mezzo, attraverso il quale nel 19 secolo si pensava si propagassero le onde elettromagnetiche).
1974
William Barus estende il concetto di "infilata" per gestire le interconnessioni.
Nelson pubblica Computer Lib insieme a Dream Machines come testi interwingled (la Intertwingularity indica uno stato di relazione incrociata di tutte le conoscenze umane). Con l'inizio del computer networking, Nelson precisa il progetto Xanadu elaborando il concetto di sorgente informativa centralizzata definita "docuverso" o metadocumento globale (libreria di documenti interconnessi di gigantesche proporzioni, ciò che nel 1990 il World Wide Web nel realizzerà in parte )
1974
Il termine "Internet" compare per la prima volta nell'RFC (Request For Comment) n. 675, documento sul protocollo TCP, come abbreviazione del termine "Internetworking".
1975
Whitfield Diffie e Martin Hellman inventano la crittografia a chiave pubblica.

La International Business Machine realizza l'IBM 5100, computer dotato di un piccolo display CRT (schermo a tubo catodico) programmabile in BASIC ("Beginner's All-purpose Symbolic Instruction Code"; linguaggio di programmazione sviluppato nel 1964 presso l'Università di Dartmouth) e APL ("A Programming Language", linguaggio di programmazione ideato da Kenneth Iverson nel 1962).

Un ingegnere informatico, Michael D. Wise a Bountiful, Utah (USA) mette in vendita in kit di montaggio lo Sphere 1, considerato il primo computer moderno.
1976
Steve Wozniak e Steve Jobs producono l'Apple I, il primo vero personal home computer.
1977
Il Commodore PET della Apple è lanciato nel gennaio del 1977. Si tratta del primo personal computer di successo per il mercato di massa.
1979
A Swartmore (Pennsilvania) Nelson crea un team di giovani informatici: Roger Gregory, Mark S. Miller, Stuart Greene, Roland King e Eric Hill. Progettano di realizzare un server universale Xanadu 88.1.
1979
Tom Truscott e Steve Bellovin in ambiente UNIX realizzano un programma per scambiare messaggi che diventa noto come USENET per la gestione di forum distribuiti e newsgroups in cui ci si scambiano messaggi in modo informale.
1981
Nelson pubblica il suo libro più famoso: Literary Machines. Eric Drexler crea una nuova struttura di dati ed algoritmi per il versioning di oggetti arbitrari e la gestione dei collegamenti per Xanadu 88.1 (Udanax Green).
1983
Viene fondata la Xanadu Operating Company, Inc. (XOC Inc.) Nelson incontra John Walker, fondatore di Autodesk, ottenendo il sostegno di questa company.
1983
ARPANET standardizza il protocollo TCP/IP - Transmission Control Protocol/Internet Protocol che gestisce la comunicazione fra computer in Internet (i protocolli di TCP/IP più comuni sono HTTP, HTTPS e FTP).
1984
Paul Mockapetris e Jon Postel creano i DNS - Domain Name Service. Questo consente di collegare un domain name (o hostname - nome del sito. normamente una sequenza di lettere come: www.google.com) all'Internet Protocol address associata (una sequenza di cifre come: 216.58.210.228) consentendo il collegamento del browser al sito Web.
1988
XOC Inc. viene acquisita da Autodesk e localizzata a Palo Alto e Mountain View (California). Il lavoro continua con Mark Miller come capo progetto. Il prototipo Xanadu 88.1 è dismesso e Miller avvia una riprogettazione. Il software non è immesso sul mercato. Dean Tribble e Ravi Pandya diventano co-progettisti e continuano il lavoro.
1989
Tim Berners-Lee avvia il World Wide Web (inizialmente chiamato Mesh). Questo ed altri importanti sistemi ipertestuali come:
  • Hyper-G (avviato alla Graz University of Technology nel 1989)
  • Microcosm (sviluppato nel 1988 dal Department of Electronics and Computer Science all'Università di Southampton)
furono certamente influenzati dalle idee di Xanadu.
La Performance Systems International comincia ad offrire servizi basati su network TCP/IP alle imprese.
1990
Il gruppo di lavoro Xanadu realizza uno dei primi esempi di corporate prediction market (forma di crowsourcing basata sul giudizio collettivo per lo sviluppo di nuovi prodotti e decisioni aziendali) esprimendo un giudizio sulla questione controversa della "fusione fredda". Ad Autodesk, il gruppo complete una versione di Xanadu scritta in C che seppure non funzioni perfettamente, viene presentata all'Hackers Conference (1990) suscitando grande interesse. I programmatori di Xerox PARC approfittano dei problema per riscrivere il software nel loro linguaggio Smalltalk. Ciò divide il gruppo di lavoro vanificando gli sforzi per conclude la realizzazione del prototipo nei tempi imposti da Autodesk.
1991
Lo studente Finlandese Linus Torvalds, crea la prima versione del Kernel Linux (un Sistema Operativo Unix-like, per piattaforne Intel 386 sviluppato collaborativamente).
1992
Autodesk cede il trademark Xanadu a Nelson che fonda la Xanadu Operating Company. Questa nuova società deve fronteggiare conflitti interni e scarsità di fondi. Charles Smith, fondatore della Memex, Inc. di Palo Alto (California), assume diversi programmatori Xanadu ed i diritti sulle tecnologie del gruppo sostenendo lo sviluppo dello XOC server. Poi anche Memex cade in difficoltà economiche e perde una parte del suo personale. A causa della diffusione e popolarità del Web, sorge una certa rivalità fra il team di Nelson e quello di Tim Berners-Lee.
1993
Nelson ripensa Xanadu come un sistema di organizzazione del business. Specifiche minime per un sistema editoriale rilasciate sotto la denominazione Xanadu Light.

Andrew Pam di Serious Cybernetics (Melbourne, Australia) ottiene la licenza per proseguire lo sviluppo del software come "Xanadu Australia".
1993
La Casabianca e le Nazioni Unite si dotano di uno spazio istituzionale online.

Marc Andreesen presso il National Center For Supercomputing Applications (NCSA) sviluppa Mosaic, il primo browser con capacità grafiche. Andreesen sarà l'ispiratore di Netscape, browser storico del Web insieme a Internet Explorer di Microsoft.
1994
Nelson viene invitato in Giappone e vi fonda la Sapporo HyperLab. SenseMedia. Sense Media diventa la seconda licenziataria di Xanadu con il nome di "Xanadu America".
1994
Alon Cohen e Lior Haramaty inventano VoIP (Voice over Internet Protocol), una metodologia che consente di effettuare chiamate telefoniche attraverso Internet.
1995
La rivista Wired pubblica l'articolo "The Curse of Xanadu", provocando la reazione di Nelson. Ma la contesa scema rapidamente in quanto il Web ormai prevale sul progetto Xanadu.
1995
Broadcast.com diventa la prima stazione radio online. Nasce il concetto di Streaming Media (modo per riprodurre un file nel corso del suo download) Le principali Electronics companies concordano di adottare lo standard WiFi per l'Internet senza fili a livello internazionale.
1996
Nelson diventa professore di Environmental Information all'Università giapponese di Shonan Fujisawa.
1997
Viene pubblicato un draft riguardante le specifiche per virtual editing (per consentire indicazioni temporali, versioning e tracciamento reverso), chiamato OSMIC (Open Standard for Media Inter Connection). Viene pubblicato l'Internet draft: "Fine-Grained Transclusion in the Hypertext Markup Language" nel quale sono proposti nuovi tags per effettuare la transclusione testuale nelle pagine Web Viene pubblicato nel Web un esempio riguardante Transpublishing e transcopyright, un approccio alternative al copyright che consente di includere contenuti coperti da diritti in un nuovo documento, mantenendo il legame con il testo originale in modo automatico.
1997
Netscape annuncia che il suo browser sarà disponibile gratuitamente.
1998
Nelson riceve un riconoscimento dalla "Yuri Rubinsky Insight Foundation (YRIF)", per il lavoro svolto nel progetto Xanadu e hypermedia.
1998
Larry Page fonda il motore di ricerca Google e compete con Yahoo. Cominciano ad apparire i primi Blog sul Web.
1999
Nelson rilascia il codice sorgente di Xanadu 88.1 e 92.1 come " Project Udanax Green e Udanax Gold". Prima incompleta implementazione working deliverable di Xanadu.
2001
A Nelson viene conferita una onorificenza come " Officier des Arts et Lettres " dal Ministero francese di cultura per il suo lavoro sul progetto Xanadu.
2001
Larry Sanger e Jimmy Wales fondano Wikipedia l'enciclopedia online collaborative.
2003
La Apple rilascia Safari un browser Web incluso nell'Apple Mac OS X e in iPhone.
2004
Facebook va online avviando l'era dei social network. Mozilla rilascia il Browser Web Firefox. Il nome Web 2.0 (coniato da Darcy DiNucci), diviene di moda in quest'anno. Nella prima conferenza sull'argomento John Batelle and Tim O'Reilly descrivono il concetto di "Web as a Platform"
2006
Si stima ci siano 92 milioni di siti Web online. L'iPhone genera un forte interesse per le "Mobile Apps" per il Web.
2007
Viene rilasciato lo Xanadu Space 1.0, quale implementazione tridimensionale di un ipertesto. Si tratta di una alternativa al Word Processing e hyperlink per organizzare informazioni fra loro collegate.

Con Robert Adamson Smith pubbloca il lavoro "Back to the Future: Hypertext the Way It Used To Be." Proceedings of Hypertext 2007, Manchester. On line: http://xanadu.com/XanaduSpace/btf.htm
2008
Google lancia il browser Web Chrome Nello stesso anno indicizza 1 trilione (mille miliardi) di URL (Uniform Resource Locator - indirizzi Web).
2010
Facebook annuncia che ha 400 milioni di utenti attivi.
2013
Comunicazione al "The Future of Text Symposium" - University of the Arts London su "parallel text" di Ted Nelson.
2014
Jack Seay persenta la demo di OpenXanadu.
OpenXanadu diviene disponibile nel World Wide Web. La versione è descritta come "working deliverable". Viene definita "open" perché si possono vedere tutte le componenti, tuttavia non è ancora open source.
2014
Il W3C - World Wide Web Consortium (fondato da Tim Berners-Lee nel 1994) rilascia l'HTML5 che ha nuovi tags, una migliore semantica ed elementi dinamici attivabili tramite JavaScript.
In conformità con l'attività di Social Peer Review adotata dalla Rivista SPVet.it, invitiamo i lettori a incrementare la descrizione di questa cronologia con suggerimenti, informazioni e commenti. Inviare a: redazione-spvet@izsum.it

"Xanadu" è un marchio registrato del "Progetto Xanadu". CosmicBook, XanaduSpace e OpenXanadu sono marchi rivendicati del "Progetto Xanadu"


Dopo queste premesse e considerando gli eventi riportati nella cronologia, è possibile notare due cose:
  1. Nel suo corso (lunghissimo, di quasi sessant'anni), lo Xanadu project è stato quasi sempre "attivo", con periodi più intensi dal 1963 al 1967 e dal 1990 al 1999.
  2. Nonostante venga considerato da molti un esempio di "vaporware" (software di cui si annuncia l'uscita sul mercato, ma che non viene realizzato per vari problemi - https://it.wikipedia.org/wiki/Vaporware), il progetto Xanadu è stato, in un certo senso, molto produttivo.
Grazie ad esso, i programmatori hanno creato nuovo codice. Ci sono stati ingegnosi tentativi di implementazione di prototipi, alcuni dei quali presentati a congressi che li hanno accolti con grande entusiasmo. È stato riconosciuto il valore delle idee del gruppo di Nelson, suscitando interesse ed emulazione nella comunità scientifica e delle imprese. Si può dire che il progetto Xanadu, abbia fornito un riferimento per il modello generale di ipertesto, con idee che sono state poi "quasi realizzate" in altri progetti e infine ha spinto alla creazione del primo World Wide Web.

Theodor Holm Nelson, Literary Machines 90.1
Autore: Theodor Holm Nelson
Editore: Mindful Press
Anno: 1994
ISBN-10: 0893470562
ISBN-13: 978-0893470562


Le idee di Ted Holm Nelson (qui è reperibile una sua breve biografia: http://hyperland.com/mlawLeast.html) sono in parte descritte in "Literary Machines 90.1" (in italiano "Literary machines 90.1:il progetto Xanadu", Editore Franco Muzzio. Padova, 1992).
Peccato che l'Edizione in lingua italiana non sia più disponibile su Amazon.it, su Hoepli, IBS, La Feltrinelli, eBay. Su Scrbd ci sarebbe una possibilità di accesso (iscrivendosi al servizio a pagamento) e su Abebooks (https://www.abebooks.it/9780893470562/0893470562/plp) ci sono delle copie disponibili.
Il testo è reperibile in lingua inglese su Amazon.com, ma (anche qui) ad un prezzo piuttosto salato.
In ogni caso è possibile consultare l'OPAC del Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN) alla pagina di ricerca http://opac.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/base.jsp. Utilizzando le keyword: "Literary machines 90.1", avrete l' elenco delle biblioteche che lo possiedono. Magari sono facilmente raggiungibili e possono fornirvelo in lettura o consentire la consultazione (o la fotocopia del 15 % delle pagine).


Nel libro "Possiplex - La mia vita da computer e la battaglia per la civilizzazione" (2011), la sua biografia, Nelson afferma di considerarsi "... filosofo e regista conoscitore dei media, della presentazione e del design, della natura dello scrivere, della letteratura ... e del cuore umano [...] Sapevo anche dei progetti e del perché a un certo punto si osa seguirli fino ad arrivare dove la loro natura vuole condurci".

Theodor Holm Nelson - Possiplex
Autore: Theodor Holm Nelson
Editore: Mindful Press
Anno: 2011
Editore Mindful Press (NY)
ISBN-10: 089347004X
ISBN-13: 978-0893470562
ISBN-13: 978-0893470043
Egli dice che nel 1960 intuì come tutte queste istanze potevano trasferirsi nello schermo del computer. La descrizione del lavoro svolto, quasi un bilancio della vita, è molto interessante.

"... Per cinque anni ho progettato documentazione e interfacce per schermi interattivi dei computer, senza averne mai vista una, ma comprendendo perfettamente come avrebbe dovuto essere, immaginando performances e struttura, probabilmente meglio di chiunque altro.
Per cinque anni ho lavorato sui sistemi testuali interattivi senza comprendere che quasi nessun altro al mondo stesse immaginando le stesse cose.
Per otto anni ho lavorato sui metodi di computer grafica e generazione di immagini, senza sapere che nessun altro ci stesse lavorando (ora l'industria cinematografica gira intorno alle stesse cose).
Per almeno un decennio ho progettato strutture ipertestuali senza vederne neppure una funzionante, pur sapendo perfettamente come avrebbe dovuto essere.
Per quattordici anni ho creduto di essere l'unico ad immaginare un mondo in cui il personal computing fosse un hobby un'attività giornaliera e una forma d'arte come scritto nel mio libro Computer Lib (1974), con mesi di anticipo sul primo kit per personal computer, che iniziò la "corsa all'oro".
Per circa vent'anni (da quando convinsi cinque colleghi ad aiutarmi) credo di essere stato l'unica persona al mondo a sognare di milioni di documenti online, per non parlare di quelli in visione su altrettanti monitor da parte di una miriade di utenti collegati a milioni di server, documenti pubblicabili da chiunque. Nessun altro ha mai immaginato qualcosa di simile.
Non sono riuscito a fare in modo che ciò avvenisse nonostante abbia costantemente operato, partecipato a conferenze in cui promuovevo queste idee
". (Possiplex. Introduzione, 2011)

La "macchina filosofica" per il progresso dell'intelligenza collettiva
Xanadu è un progetto attraverso il quale la produzione tecnico - scientifica e letteraria avrebbe avuto a disposizione un contenitore digitale adatto al terzo millennio. Proprio per l'ambizione dell'obiettivo, non è stato propriamente una passeggiata. Si è trattato di un lungo processo, tormentato da problemi organizzativi, penuria di fondi e varie difficoltà di rapporto con i programmatori.
L'intera vicenda inizia (come dimostra la cronologia riportata) in un periodo favorevole per i progetti innovativi, in cui si realizza l'ascesa dell'informatica di livello personal e della Rete globale, periodo in cui "altri" visionari, come Steve Jobs, hanno potuto costruire imperi tecnologici del valore di molti miliardi di dollari.

All'inizio Nelson viene preso sul serio. Alla Brown University (Rhode Island, USA), nel 1967 fu chiamato a partecipare ad un primo gruppo di lavoro sugli ipertesti con intellettuali del calibro di Andries van Dam e George Landow, allora professore di lingua Inglese e Storia dell'Arte. Periodo giusto, relazioni giuste (l'università citata è uno dei più esclusivi e facoltosi centri di studio degli States) e Nelson ha l'idea rivoluzionaria: l'ambiente ipertestuale adatto per conservare, elaborare, citare i testi.
Ma le cose vanno storte. Probabilmente Nelson si infilò in questa avventura nel modo sbagliato.

Non proponendosi di creare un sistema di videoscrittura semplicemente più avanzato, come fecero le ordinarie imprese informatiche commerciali (Microsoft, Apple), ma addirittura di fondare un sistema editoriale universale (il docuverso), non ci mise molto a scontrarsi con difficoltà organizzative, comunicative ed una miriade di interessi particolari avversi.
Tutto ciò non accadde nel caso del World Wide Web che decollò in una atmosfera di attesa e tutto sommato positiva. Il Web iniziò il suo cammino nel 1991 e da allora non ha più smesso di crescere. Una volta si sottolineava la distinzione fra Internet ed il Web, oggi la differenza, che pure esiste, è meno significativa ed avvertita dagli utenti della Rete.

Tim Berners Lee e Mark Fischetti - Weaving the Web: The Original Design and Ultimate Destiny of the World Wide Web
Autori: Tim Berners Lee e Mark Fischetti
Editore: HarperBusiness (NY)
Anno: 2000
ISBN-10: 006251587X
ISBN-13: 978-0062515872


La Iper-Rete mondiale è realmente un ipertesto?
Proprio riguardo al World Wide Web, Nelson è stato particolarmente critico. Riferendosi al lavoro di Berners Lee (ricercatore al CERN di Ginevra, considerato l'inventore del Web, che lo aveva definito "professional visionary"), ribadisce l'estraneità del concetto di ipertesto rispetto al lavoro svolto da questi.
Berners Lee nel suo libro "Weaving the Web" (Harper Business. NY, 2000) pur riconoscendo all'inventore di Xanadu la paternità del termine hypertext, dedica al suo progetto poco più che un accenno nel capitolo introduttivo.
Nelson reagisce in modo ironico a questo ingeneroso trattamento. In un passaggio dice: "... è fondamentale porre in luce che la visione dell'ipertesto di Tim Berners Lee (solo link a senso unico, invisibili ai quali non è consentita sovrapposizione) è completamente diversa dalla mia (link visibili, multidirezionali e integri verso ogni parte del documento, con contenuti legalmente citabili da chiunque grazie a transclusione e mappa del percorso ritroso verso l'originale), più conforme alla visione di Vannevar Bush". Successivamente questo fair play viene meno, ed in modo più esplicito afferma: "... credo che Tim pensi di aver dato concretezza alla mia idea, di averla resa realizzabile. Invece l'ha evidentemente banalizzata, con il risultato dell'eccesso di complessità che tutti vedono" (in http://hyperland.com/TBLpage)

In altre esternazioni visibili in Rete, Ted Nelson affermò che Tim Berners-Lee avrebbe di fatto copiato le sue idee, producendo: " ... bizarre structure created by arbitrary initiatives of varied people and it has a terrible programming language - una bizzarra struttura costruita a partire da iniziative arbitrarie da un eterogeneo gruppo di personaggi, con una terribile programmazione software [...] l'ipertesto è progettato come se dovesse essere di carta, ed il World Wide Web non è altro che un mucchio di link rotti che puntano a pagine irraggiungibili". (http://wikivisually.com/wiki/OpenXanadu; https://en.wikipedia.org/wiki/Project_Xanadu).
In "The Xanadu® parallel universe - Visibly Connected Pages and Documents for a New Kind of Writing" (http://xanadu.com/xUniverse-D6), la creazione di documentazione parallela e interconnessa, con la possibilità di collegare fra loro parti di testo viene considerata una possibilità del tutto trascurata ed alla fine persa citando i primi momenti del progetto Xanadu.

Effettivamente nell'interfaccia "Alto", di Xerox PARK, nonostante sarebbe stato possibile strutturare i link come una delle componente standard del Sistema (al pari della suddivisione in paragrafi e le intestazioni), questa feature non venne implementata. La stessa scelta sarebbe stata fatta per i Sistemi Operativi Windows, Mac e Linux.
Nelson propose di inserire questa caratteristica nel nascente World Wide Web in un documento del 1989 indirizzato al Berners Lee e al CERN (http://www.w3.org/History/1989/proposal.html), senza tuttavia ricevere attenzione. Il concetto di hyperlink rimase così legato a un "salto incondizionato" e l'idea di "docuverso", come sistema tracciabile che consente di legare nodi residenti in database diversi (locale e di Rete) passò in secondo piano.

Se il progetto Xanadu non è stato mai pienamente attuato, il World Wide Web mostra alcune evidenti incongruenze sul piano ipertestuale e nel tempo si è degradato acquisendo elementi di disturbo, tipici della organizzazione tipografica dei giornali e dei libri. Ciò è stato necessario per venire incontro alle esigenze degli utenti che volevano un ambiente più simile a quello della carta stampata, spingendo i programmatori ad accontentarli per acquisire la maggiore quota di mercato per tool informatici e servizi via Web. Fattori determinanti in tal senso sono state la cosiddetta "Guerra dei browser" (https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_dei_browser) fra Netscape e Microsoft e che in parte continua ancora, il controllo del margine destro della schermata al fine di posizionarvi elementi decorativi e dinamiche similari. Tutto ciò ha generato una scarsa attenzione per gli standard del W3C (World Wide Web Consortium) banalizzando la struttura funzionale e citazionale della Rete.
Se proviamo ad evidenziare brevemente dove gli attuali ipertesti sembrano essere particolarmente incongruenti viene fuori una lista di questioni ancora aperte che andrebbero risolte. E non solo per ciò che riguarda le aspettative degli ideatori di Xanadu, ma pensando soprattutto alle esigenze degli attuali utenti di Internet e del Web in particolare. Si noti che le tecnologie già ora disponibili consentirebbero di migliorare la situazione e determinare una implementazione (pseudo)ipertestuale molto più soddisfacente di quella attuale.

Per cominciare, migliorare la stampa a schermo
Gli ipertesti sono "oggetti" informatici che risiedono in un computer o un tablet e non avrebbero senso al di fuori di esso. Si fruiscono utilizzando l'apparato di output che è tipicamente lo schermo. Debbono essere utilizzati da lettori che hanno l'esigenza di interagire con essi in modo particolarmente approfondito, leggere, prendere decisioni, andare avanti e indietro fra nodi, scegliere una strada nell'ipertesto. Qui cominciano i problemi.
L'interazione, soprattutto quella che avviene attraverso la lettura, è condizionata dalla dimensione e risoluzione dei monitor. Se la formattazione ripete le modalità tipiche dei documenti stampati su carta, questa lettura sarà normalmente più faticosa. Pertanto sarebbe opportuno introdurre accorgimenti relativi alla composizione tipografica a schermo, modificando l'organizzazione spaziale della pagina, ad esempio:
Alcune formattazioni sarebbero da evitare.
Ad esempio la giustificazione del testo a destra, font piccoli, di colore poco differente da quello dello sfondo, bassa crenatura ed interlinea sono sfavorevoli per una lettura prolungata sul monitor di un computer.
Gli attuali eBook Readers migliorano questa situazione ad esempio con l'utilizzazione della tecnologia "e-ink" (chiamata anche e-paper) che consente di leggere meglio un testo anche in piena illuminazione solare.
Deleteria è poi l'introduzione di elementi multimediali distraenti come immagini (statiche o in movimento), senza dar loro un preciso ruolo descrittivo.

Adottare particolari modalità di scrittura per testi "non sequenziali"
Per definizione l'ipertesto non è sequenziale. Quindi non è suddiviso in "pagine" ma in "nodi", che però non sono termini sinonimi. Una pagina è semplicemente qualcosa di scritto inserito in un continuum. Si giunge ad una certa pagina normalmente dopo aver letto le precedenti. In questo caso avrebbe senso la frase: "... come abbiamo detto nel paragrafo precedente", oppure "... tutto ciò conferma la teoria esposta nel primo capitolo che qui riprenderemo".
Nell'ipertesto non c'è, o non ci dovrebbe essere, nulla di tutto ciò. A un determinato nodo si può arrivare provenendo da nodi diversi, seguendo cammini alternativi. Per questo, i contenuti dovrebbero avere un senso (in una certa misura) autonomo. Saranno "autoconsistenti", un po' come i LO (learning object), utilizzati nelle piattaforme di Elearning, che si possono comporre come mattoncini da costruzioni per organizzare corsi diversi. Il loro significato è compiuto.
Ciò implica una certa ridondanza informativa di cui tenere conto nella scrittura e allestimento dei contenuti. Per questo, prendere un articolo e spezzarlo in tante pagine lincate fra di loro, non significa produrre un ipertesto, ma semplicemente un testo sequenziale disaggregato.

Affrontare la fondamentale confusione fra analogico e digitale
Attualmente quelli che genericamente chiamiamo ipertesti, non si differenziano molto dalle ordinarie pubblicazioni della stampa su carta, pure se vengono "rimediate" per il Web, nel senso dato al termine rimediazione da Jay David Bolter e Richard Grusin (https://it.wikipedia.org/wiki/Rimediazione).

Miss Auras, di John Lavery (1900), olio su tela
Il contesto analogico ha vantaggi ergonomici che danno la possibilità di interagire
con il testo e di "dirigersi" nella lettura in modo efficace ed intuitivo.
I sistemi elettronici potrebbero certamente migliorare questa situazione se fossero progettati
sfruttando le proprie specificità funzionali

Ciappelloni 2017, elaborazione su: "Miss Auras", di John Lavery (1900 ca). Opera rilasciata nel Pubblico Dominio (https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Lavery_Maiss_Auras.jpg)


Nel quadro di John Lavery si vede un classico media analogico (un libro) che viene gestito dal sensorio visivo e tattile della giovane lettrice.
L'azione, per quanto consueta, è in realtà un processo tutt'altro che semplice.
Anzitutto viene a crearsi un particolare contesto. Il libro è un elemento statico che favorisce il rilassamento e la creazione di un "setting" più adatto alla comprensione e alla memorizzazione (non è un device elettronico acceso ed in attesa di input). La lettura di fatto coinvolge, oltre alla vista, altri apparati sensoriali e muscolo scheletrici. Vengono elaborati velocemente dati, visuali e sull'assetto posturale generale, segnali inviati al cervello dai meccanocettori situati nelle aree impegnate, stimolati dal peso, inclinazione e sbilanciamento dinamico del volume fra le dita. Tutto ciò fornisce istantaneamente al cervello informazioni sull'avanzamento e gestione del processo di lettura.
Gli occhi abbracciano un'ampia parte dell'area stampata con alta risoluzione (comunque maggiore di quella di un monitor con tecnologia E-ink) raccogliendo automaticamente informazioni non solo sui contenuti situati al centro della visualizzazione ma parzialmente anche su quelli nelle zone adiacenti. La "intravisione" del testo restante (incrementata attraverso l'occasionale e rapido sfogliare/scorrere delle pagine precedenti e successive) da conto di posizione, entità e dettagli significativi delle altre parti, migliorando la comprensione dell'argomento, la sua memorizzazione e contribuendo ad orientarsi nel testo.
Elementi particolari del paratesto, come: indice generale, analitico, note e bibliografia, hanno una funzione pseudo-ipertestuale, consentono il "collegamento" (pseudolink) di parti del testo fra di loro e con risorse esterne.
Per questo, monografie di limitata estensione, schematiche, ben formattate, suddivise in capitoli brevi, con elementi paratestuali organizzati, assicurano una esperienza confortevole, veloce e controllata di lettura, consentendo una rapida comprensione e memorizzazione del contenuto, difficile da ottenere utilizzando gli attuali media elettronici. (Dooley, 2015; Ciappelloni, 2017).

Troppo spesso nel nuovo contesto digitale, al quale gli attuali "ipertesti" appartengono, non si è cercato di sfruttare le enormi potenzialità delle macchine per trovare strade nuove, più consone al contesto digitale e ampliare il paradigma della lettura.
Ciò potrebbe essere ottenuto introducendo modi "diversi" per accedere ai contenuti, come uso di intelligenza artificiale, realtà aumentata, realtà virtuale.
Si continuano invece a proporre le consuete metafore grafico - testuali della modalità analogica di lettura.
Per questo, acquisire informazioni su un determinato argomento utilizzando un tablet, significa ancora scandire con l'occhio delle righe di un testo a schermo (retroilluminato e non molto definito) e "sfogliare" pagine elettroniche sfiorando l'indice della mano sullo screen, come avverrebbe utilizzando un libro o giornale di carta.
Spesso viene anche riprodotto il tipico fruscio delle pagine che girano per mantenere il feel dell'operazione come avviene, ad esempio, in Yumpu (http://www.yumpu.com/).

Yumpu - aggregatore di riviste
Si può sfogliare una rivista, direttamente nel monitor, con un clic del mouse.
Con i touch o multi touch screen (https://en.wikipedia.org/wiki/Multi-touch) è possibile eseguire questa operazione con l'indice (o indice e pollice) della mano
Yumpu è una specie di aggregatore di riviste che fornisce un vero e proprio gestore di layout utilizzabile gratuitamente (con alcune limitazioni e la presenza di messaggi pubblicitari) o ad un prezzo che, in relazione ai diversi servizi aggiuntivi, può andare da otto a poco meno di trecento Euro ogni trenta giorni.
Con questo Gestore di contenuti è possibile simulare nel monitor, una copia pseudo-analogica della rivista, anche molto gradevole sul piano grafico.
In Rete si trovano altri programmi come questo (diversi sono gratuiti), per consentirci di sfogliare in modo analogico (sia pure decontestualizzato) dei file pdf direttamente a schermo.
Citiamo anche: PageFlip-Flap (http://www.pageflip-flap.com/), Flip pages worker for eBook (http://3dpageflip.com/free-flip-pages-worker-for-ebook/), Kvisoft FlipBook Maker (http://www.kvisoft.com/flipbook-maker/), Mart View (http://www.martview.com/), Flipping PDF Reader (http://webstunning.com/pdf-reader/), con un effetto visuale come quello riportato nella figura soprastante


Introdurre mappe di navigazione nell'ipertesto
Per muoversi in un ipertesto sufficientemente a lungo, bisogna poter disporre di schemi di riferimento. Tali schemi o mappe vengono generati preventivamente rispetto alla fruizione dei contenuti. Grazie ad esse dovrebbe essere possibile muoversi senza smarrirsi nel cloud ipertestuale, assicurando una certa unitarietà dell'esperienza.
Bisogna sempre sapere "dove si è" e che abbiamo di fronte per decidere come procedere. Per questo scopo si possono utilizzare particolari artifici (grafici, colori, formattazione e concettuali come stile e moduli espressivi) costanti e riconoscibili. Sarà così possibile navigare nell'ipertesto evitando il disorientamento (deflagrazione dei contenuti), di cui si fa esperienza frequentemente nel Web dove l'informazione è spesso distribuita in chunks che bisogna ricomporre in un quadro unitario. Cosa non semplice, tanto che spesso i lettori, come dice Robert Horn in "Mapping HyperText" (1990), si "perdono nell'ipertesto".

Schema di riferimento per mappe e link condizionati dell'articolo di SPVet.it dell'Agosto 2001

Schema di riferimento per mappe e link condizionati, utilizzato nell'articolo di SPVet.it del 7 Agosto 2001.
Come si può notare, nello stesso articolo (http://spvet.it/arretrati/numero_7/b.html), si faceva riferimento all'impiego della realtà virtuale
riferendosi al progetto Vetunimi di Cinzia Gandini ed al mondo virtuale ActiveWorld (https://www.activeworlds.com/web/index.php),
poi passato in secondo piano rispetto a esperienze come Second Life (http://secondlife.com/) ed a High Fidelity (https://highfidelity.io/).


Introdurre l'interattività nei link
Come lamentava Theodore Nelson nelle sue esternazioni a Berners Lee, nel World Wide Web i link sono definitivamente salti incondizionati monodirezionali. E su questi fondamentali componenti ipertestuali ci sarebbe molto da dire. Federico Pellizzi (http://www.boll900.it/numeri/1999-ii/Pellizzi.html) nella sua "Critica al link", affronta l'argomento su un piano che comprende la metafora e la morfologia.
In un ipertesto il link dovrebbe certamente essere concepito come un oggetto complesso intelligente e programmabile. Soprattutto dovrebbe poter interagire con il suo utente. Ad esempio presentargli una mappa di strade alternative per l'attraversamento dei nodi disponibili, porre domande per verificare il livello conoscitivo dell'utente al fine di consigliare risorse propedeutiche. Il link dovrebbe anche consentire di trovare la strada a ritroso che porta alle pagine precedenti, ricordare le scelte effettuate, conservare annotazioni.



il Memex, la prima macchina (elettromeccanica e analogicaper realizzare ipertesti e il World Wide Web (elettronica e digitale) s
A sinistra, il Memex, la prima macchina per realizzare ipertesti [by Dave Pape (http://resumbrae.com/ub/dms423_f08/06/). Creative Commons License. Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)],
a destra, il World Wide Web (Internet) come si configurava nel 2010 [per gentile concessione di "Barrett Lyon-The Opte Project". (http://www.opte.org/the-internet/)] Se compariamo la prima macchina elettromeccanica analogica per creare ipertesti, cioè il Memex ideato da Vannevar Bush del 1942 (figura 1 a), e il World Wide Web (elettronica e digitale) schematizzato dalla figura 1 b, notiamo le straordinarie differenze dei due "mondi" dai quali provengono queste realizzazioni.


Conclusioni
Come dimostra T. H. Nelson con il suo lungo lavoro, alla base di una la grande accumulazione del sapere ci sono sempre tre questioni, già peraltro delineate da Vannevar Bush nel suo fondamentale articolo del 1945. C'è un problema di (1) archiviazione, (2) indicizzazione e (3) citazione. Il progetto Xanadu affronta tutte e tre questi nodi attraverso una mega struttura che si è cercato di costruire sin dall'inizio allo scopo, inventando soluzioni e tecnologie originali per circa mezzo secolo.
Berners Lee più semplicemente (e al momento giusto) adattò la tecnologia di rete esistente al progetto ipertestuale. In tal modo ottenne un risultato immediatamente utilizzabile, che oggi tutti conosciamo come Web, ma che proprio per questo, si può considerare ipertestuale con alcune limitazioni.
Grazie al suo lavoro, il mondo scientifico dispone oggi di uno strumento conoscitivo e di interazione certamente formidabile ma non tanto quanto sarebbe stato il progetto di Nelson.

Per la ricerca e la Società civile, un sistema ipertestuale con le caratteristiche di Xanadu (e magari di quelle citate nell'elenco precedente), significherebbe disporre di uno strumento di incredibile potenza. Con questo sarebbe possibile accedere a conoscenze molto specifiche e just in time senza essere bloccati dalla complessità degli argomenti e questo in qualsiasi settore del sapere tecnologico o scientifico. Praticamente chiunque, dopo un training appropriato sull'uso degli ipertesti, potrebbe studiare ed aggiornarsi autonomamente, superando le barriere fra ambiti disciplinari differenti, soprattutto avvicinare nuovi argomenti ed individuare aree produttive di intersezione fra cloud informativi distinti. A questo punto diverrebbero importanti non solo le informazioni in sè, ma anche i collegamenti fra queste.
A tal proposito, nel suo già citato articolo, Vannevar Bush, suggerisce una nuova attività scientifica e culturale basata sul concetto di link: "... C'è una nuova professione, quella di traccia-piste, sono coloro che trovano piacere nel compito di stabilire utili sentieri attraverso l'enorme massa delle conoscenze. L'eredità di un maestro diviene non solo il suo contributo alle conoscenze del mondo, ma per i suoi collaboratori l'intera impalcatura servita ad organizzarlo"(As we may think, 1945).

Il sapere universale diventerebbe così una specie di foresta da attraversare seguendo le tracce lasciate da intelligenti cercatori. La strada potrebbe poi essere abbandonata, di quando in quando, per addentrarsi in regioni ancora sconosciute e ricche di conoscenze e collegamenti possibili.
Non è bellissimo? Il problema è che se oggi improvvisamente ci trovassimo di fronte ad un vero sistema ipertestuale, probabilmente non sapremmo come utilizzarlo. Non saremmo cioè capaci, con la stessa immediatezza di accesso al Web, di leggerlo e sfruttarne a fondo le potenzialità informative, organizzative e di scoperta.
Forse lo troveremmo anche bruttino da vedere. Zeppo di comandi manuali e vocali, con tool per augmented reality, senza modo di sfogliare nulla con l'indice, privo di banner, sfondi, oggetti multimediali accattivanti.
Più simile all'interfaccia Z39.50 di una library scientifica che a un profilo Facebook®.
Ma non è il caso di darsene pensiero perché questo non accadrà, almeno per ora. Xanadu rimane irrimediabilmente un progetto, una potenzialità inespressa. Al massimo si può sperimentarne la (limitata) demo in Rete. Si trova su Github alla pagina: https://gist.github.com/ldodds/a7f901c7f0118e83a645 (punta all'indirizzo: http://xanadu.com/xanademos/MoeJusteOrigins.html).

La pagina OpenXanadu
La pagina OpenXanadu. Esempio di transclusione fra documenti diversi


Quello di T. H. Nelson e del suo Gruppo di informatici è comunque un progetto che ha lasciato una certa eco nella cultura bibliografica, informatica e del giornalismo scientifico.

Se ora, semplicemente per curiosità, digiterete "Xanadu" nella query box di Google® cosa vi porterà il motore di ricerca? Diverse cose: A parte ciò, "Xanadu 2.0" è il nome della villa di Bill Gates, un edificio ipertecnologico di oltre seimila metri quadri, situato nei pressi del Lago Washington. La coincidenza sembra interessante, forse è il tributo del più "concreto" informatico del mondo (che con un software ha fatto tanti soldi), al meno fortunato progettista di universi documentali. Quello che con il software ha prevalentemente coltivato sogni? Nulla di tutto questo. Implacabilmente Wikipedia informa che il nome trarrebbe ispirazione da quello della casa in cui viveva il protagonista del film "Quarto potere" di Orson Welles (1941). Tuttavia i grandi intellettuali apprezzano ambiguità e doppi significati.
È bello pensare che in segreto Bill Gates renda omaggio all'opera di Theodor Holm Nelson.

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OPEN REVIEW - Modulo per la "revisione aperta" di questo articolo, pubblicato sul numero 99/2016 di SPVet.it


R. Ciappelloni Ipertesti, acquisizione delle informazioni just in time e ricerca. (SPVet.it 99/2016)
R. Ciappelloni Ipertesti, acquisizione delle informazioni just in time e ricerca. (SPVet.it 99/2016)



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