Biblioteca Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche
Sanità Pubblica Veterinaria: Numero 110, Ottobre 2018 [http://www.spvet.it/] ISSN 1592-1581
Documento reperibile all'indirizzo: http://spvet.it/indice-spv.html#edi110

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EDITORIALE:

L'Articolo 11 e 13 della Direttiva Europea per il "Digital Single Market", nel contesto dell'Open Science
Un problema citazionale e di document delivery globale
11 and 13 Article of the European Directive for the "Digital Single Market", in the context of Open Science
A global citational and document delivery problem

[Ver. 1.1]

Raoul Ciappelloni



Abstract. The editorial concerns the consequences that the Proposal for a Directive of European Parliament and Council on copyright in the "digital single market" may have in the scientific world and the Open Science. The directive intends to modernize European standards on audiovisual copyright and collaborate with online platforms in order to create a fairer environment, unlocking the potential of an European data economy. The reform process is almost completed and the definitive text will be approved near January 2019, presumably without major changes from the current formulation. The most controversial points are Article 11, called Link Tax and Article 13 (upload filter). This will particularly concern online platforms such as Google News, YouTube, Pinterest, Facebook. These will be subjected to "adequate and proportionate" preventive measures, to avoid copyright regulations infringement. The impact on scientific communication, although not widely mentioned, is said to be little, since the scientific journals are not explicitly included in article 11, and in the art. 13. In reality, many of the provisions are, at best, of an unclear nature and scope, which will be the cause of legal uncertainty and delays in research. The communication supported by the Scientific / Social media for instance Research Gate and Mendeley Networks, without considering particular European infrastructures for publications and research data deposit such as Zenodo (OpenAIRE), institutional or disciplinary Open Archives and the scientific societies websites, could be interested by the restrictions of this Directive (citation modalities and use licenses). We know that the question of "access to ideas and data" has been thoroughly debated in Europe and Italy during these years. It is admitted that their free circulation is a cornerstone of the technologically advanced societies. Knowledge is the base of innovation and it is certainly dangerous restrict their availability, also in the name of a right and "fair compensation".

Riassunto. L’editoriale riguarda le conseguenze, che la Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sul diritto d'autore nel mercato unico digitale, potrebbe avere nel mondo scientifico, con particolare riguardo all'Open Science. La direttiva, intende modernizzare le norme europee sul copyright degli audiovisivi e collaborare con le piattaforme online per creare un contesto più equo, sbloccando le potenzialità di un'economia europea dei dati. L'iter della riforma è quasi concluso ed il testo definitivo verrà approvato nel Gennaio del 2019 presumibilmente senza grandi cambiamenti dall'attuale formulazione. I punti più controversi sono l’Articolo 11, detto Link Tax l’Articolo 13, un filtro per upload. Saranno particolarmente colpiti i servizi online come Google News, YouTube, Pinterest, Facebook. Questi verranno sottoposti a misure preventive "adeguate e proporzionate", per evitare violazioni delle norme di copyright. L'impatto sulla comunicazione scientifica, seppure non molto citato si dice sia limitato, in quanto i giornali scientifici non sono espressamente inclusi nell'articolo 11, e nell'art. 13 sono espressamente coinvolte entità non universitarie. In realtà, molte delle disposizioni sono, nel migliore dei casi, di natura e ambiti poco chiari, il che sarà causa di incertezza giuridica e rallentamenti della ricerca. La comunicazione sostenuta dai Network di Scientific/Social media Research Gate e Mendeley senza contare particolari infrastrutture europee per il deposito delle pubblicazioni e dei dati della ricerca come Zenodo (OpenAIRE), gli Archivi aperti istituzionali o disciplinari ed i siti di Società scientifiche potrebbero essere investite dagli effetti delle restrizioni imposte dalla Direttiva, relativamente alle modalità citazionali ed alle licenze d'uso. Sappiamo che la questione dell'accesso alle idee ed ai dati è stato dibattuto a fondo in Europa ed in Italia nel corso di questi anni. Si ammette che la loro circolazione è il punto cardine delle società tecnologicamente avanzate. Le conoscenze sono il carburante stesso dell'innovazione ed è certamente pericoloso restringere la loro reperibilità, pure in nome di un giusto ed "equo compenso"


"QUESTO ARTICOLO È UNO "STUB" [Ver. 1.0], AL QUALE POSSONO ESSERE AGGIUNTE INFORMAZIONI E COMMENTI.
SI PREGANO GLI INTERESSATI DI INVIARE NOTE ED APPROFONDIMENTI ALL'INDIRIZZO: redazione-spvet@izsum.it, SARANNO
PUBBLICATI SU QUESTA PAGINA A NOME DEGLI AUTORI".


Nuove informazioni disponibili su SPVet.it, numero 112/2019: "Evoluzione della direttiva UE sul Copyright nel mercato unico digitale"



Per la verifica delle fonti documentali, riportiamo i link alla Direttiva originaria (Bruxelles, 14.9.2016):

ed agli emendamenti introdotti il 12 Settembre 2018:



Questo articolo riguarda le possibili conseguenze che la Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sul diritto d'autore nel mercato unico digitale potrebbe avere nel mondo scientifico, con particolare riguardo all'Open Science.
Ricordiamo che Open Science è un termine "contenitore", che abbraccia componenti diverse come: Open Data, Open Access, Open Educational Resources, Open Methodology, Open Source, Open Peer Review, ed "il concetto parallelo di Citizen Science, la scienza dei cittadini, intesa sia come divulgazione sia come partecipazione attiva dei cittadini nella raccolta dei dati" (Wikipedia, voce Open Science).

Knoth and Pontika. Open Science Taxonomy (2017)
By Petr Knoth and Nancy Pontika. Open Science Taxonomy (2017).

Licenza Creative Commons. Attribuzione 3.0 (CC BY 3.0). https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61125075
[cliccare sull'immagine per ingrandirla]


La direttiva in questione tratta argomenti che si possono considerare di natura specialistica e per questo è stata poco rappresentata dai media generalisti. Le informazioni ufficiali che la riguardano (sia pure non aggiornate agli ultimi mesi) possono essere reperite alla pagina "Mercato unico digitale. Abbattere gli ostacoli per offrire opportunità online".
Nel capitolo relativo al Contesto troviamo le motivazioni ideali che hanno mosso l'iniziativa. Principalmente: "... difficoltà nell'utilizzo di strumenti e servizi online... ostacoli al mercato unico presenti offline che si espandono al mondo digitale" e la necessità di trasferire online il mercato unico.
"...L'obiettivo della Commissione Juncker è creare un mercato unico digitale, in cui la libera circolazione di merci, persone, servizi, capitali e dati sia garantita e in cui i cittadini e le imprese possano accedere agevolmente e in modo equo a beni e servizi online, a prescindere dalla loro nazionalità o residenza". Ciò potrebbe apportare all'economia europea qualcosa come 415 miliardi di euro, rilanciando l'occupazione, la crescita, gli investimenti e l'innovazione.
Più specificamente obiettivi dichiarati sarebbero:

Al momento della scrittura di questo articolo l'iter della riforma è quasi concluso. Dopo l'approvazione del testo definitivo (20 giugno 2018) e l'introduzione di alcuni emendamenti (12 Settembre 2018), si attende la ratificazione definitiva, che avverrà nel Gennaio del 2019 presumibilmente senza grandi cambiamenti dall'attuale formulazione.
La proposta è stata elaborata e sostenuta dall'Euro deputato tedesco Axel Voss allo scopo di armonizzare la normativa sul copyright negli Stati membri (si può leggere una intervista all'eurodeputato sulla pagina di Attualità del Parlamento Europeo sulla riforma del copyright.

Non è semplice capire la situazione, che produce un discreto disorientamento in Rete e fra i giuristi informatici i quali arrancano nel disposto di una direttiva che appare anomala.
Per alcune considerazioni preliminari (es la 39) sono stati inseriti emendamenti in successione ("bis", "ter", "quater", "quinquies"), nella Direttiva si è utilizzato l'indicativo presente del verbo "possono" sei volte (senza un "non" davanti), per esprimere una scelta ipotetica ed eventuale, dei singoli Stati (in un testo di legge che dovrebbe fornire massimamente indicazioni certe e vincolanti è una cosa deprecabile).


A parte questioni di principio o di sfondo, le principali discussioni sono state relative all'articolo 3, dove il testo originale riporta una specie di "zuffa terminologica", presumibilmente risolta con compromessi fra sostenitori di opzioni contrastanti.
Nonostante alcuni positivi commenti della Società Italiane degli Autori ed Editori (SIAE), le critiche non mancano e come fanno notare rappresentanti delle elite intellettuali di diversi Paesi (ricordiamo fra gli altri Tim Berners-Lee, inventore del World Wide Web e Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia), la Direttiva in questione è potenzialmente in grado di limitare la condivisione di informazioni e dati, sia nella comunità scientifica che nella Società civile.
Si osserva che la normativa, recepita nelle diverse giurisprudenze dei singoli Paesi, potrebbe addirittura introdurre elementi contradditori, rispetto al quadro generale normativo europeo, ponendosi in contrasto con importanti documenti di indirizzo, come la Raccomandazione 2018/790 della Commissione Europea del 25 Aprile 2018, sull'accesso e conservazione dell'informazione scientifica, incentrata sulla promozione dell'Open Science e la politica Open Data.

Ad esempio il diritto d'autore, che in Italia è definito da una normativa del 1941, la (Legge 22 aprile 1941 n. 633 e successive modifiche) ne uscirebbe completamente cambiato.

Le disposizioni più criticate sono gli Articoli 3 ("Estrazione di testo e di dati"), 4 ("Utilizzazione di opere e altro materiale in attività digitali e transfrontaliere"), 11 ("Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale"), 12 ("Richieste di equo compenso"), 13 ("Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell'informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricati dagli utenti").
L'Articolo 11 e 12 con le loro modifiche, di cui ci occupiamo i questo lavoro, sono quelli che danno le maggiori preoccupazioni. Se saranno mantenuti nella forma attuale, avranno l'effetto di alterare la circolazione delle informazioni nel World Wide Web, rendendole meno reperibili.
In considerazione della mole di commenti in Rete privi dei riferimenti ai testi in questione, riportiamo di seguito le disposizioni considerate, a confronto con le modifiche introdotte al Settembre 2018.

Articolo 11, COM/2016/0593, detto "Link Tax"
L'Articolo 11 fa sorgere, essenzialmente, un problema citazionale. Conferisce agli editori i diritti previsti all'articolo 2 e 3 (par. 2) della Direttiva 2001/29/CE
(Art. 2 “diritto esclusivo ad autorizzare o vietare la riproduzione”. Articolo 3 paragrafo 2 “diritto esclusivo di autorizzare o vietare la messa a disposizione del pubblico”).
Con ciò si limita la possibilità di inserire liberamente (leggi "gratuitamente") in pubblicazioni elettroniche, dei link che riportino integralmente anche testi minimi presi dai lavori citati.


IL DIRITTO D'AUTORE NEL MERCATO UNICO DIGITALE
Emendamenti del Parlamento europeo, approvati il 12 settembre 2018, alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto d'autore nel mercato unico digitale

ARTICOLO 11
Testo della Commissione

Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale

1. Gli Stati membri riconoscono agli editori di giornali i diritti di cui all'articolo 2 e all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29/CE per l'utilizzo digitale delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico.
Emendamento

Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale

1. Gli Stati membri riconoscono agli editori di giornali i diritti di cui all'articolo 2 e all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29/CE di modo che gli editori possano ottenere una remunerazione equa e proporzionata per l'utilizzo digitale delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell'informazione.

1 bis. I diritti di cui al paragrafo 1 non impediscono l'uso legittimo privato e non commerciale delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di singoli utenti.
2. I diritti di cui al paragrafo 1 non modificano e non pregiudicano in alcun modo quelli previsti dal diritto dell’Unione per gli autori e gli altri titolari di diritti relativamente ad opere e altro materiale inclusi in una pubblicazione di carattere giornalistico. Essi non possono essere invocati contro tali autori e altri titolari di diritti e, in particolare, non possono privarli del diritto di sfruttare le loro opere e altro materiale in modo indipendente dalla pubblicazione di carattere giornalistico in cui sono inclusi. 2. I diritti di cui al paragrafo 1 non modificano e non pregiudicano in alcun modo quelli previsti dal diritto dell’Unione per gli autori e gli altri titolari di diritti relativamente ad opere e altro materiale inclusi in una pubblicazione di carattere giornalistico. Essi non possono essere invocati contro tali autori e altri titolari di diritti e, in particolare, non possono privarli del diritto di sfruttare le loro opere e altro materiale in modo indipendente dalla pubblicazione di carattere giornalistico in cui sono inclusi.

2 bis. I diritti di cui al paragrafo 1 non si estendono ai semplici collegamenti ipertestuali accompagnati da singole parole.
3. Gli articoli da 5 a 8 della direttiva 2001/29/CE e la direttiva 2012/28/UE si applicano, mutatis mutandis, ai diritti di cui al paragrafo 1. 3. Gli articoli da 5 a 8 della direttiva 2001/29/CE e la direttiva 2012/28/UE si applicano, mutatis mutandis, ai diritti di cui al paragrafo 1.
4. I diritti di cui al paragrafo 1 scadono 20 anni dopo l'uscita della pubblicazione di carattere giornalistico. Tale termine è calcolato a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data di pubblicazione. 4. I diritti di cui al paragrafo 1 scadono 5 anni dopo l'uscita della pubblicazione di carattere giornalistico. Tale termine è calcolato a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data di pubblicazione. I diritti di cui al paragrafo 1 non si applicano con effetto retroattivo.

4 bis. Gli Stati membri provvedono a che gli autori ricevano una quota adeguata dei proventi supplementari percepiti dagli editori per l'utilizzo di pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell'informazione.


La pubblicazione nel Web di uno snippet (titolo, capoverso o breve testo) ripreso con "copia e incolla" da una pubblicazione originale (come fa Google per descrivere il contenuto dei link), probabilmente dal 2019 non potrà più avvenire senza riconoscere un "equo compenso" al publisher proprietario della risorsa citata (alcuni propongono, ove possibile, sotto forma di un abbonamento). Solo un semplice link accompagnati da una singola parola si potranno condividere liberamente. L'obbligo decade dopo 5 anni dalla prima comparsa in Internet della pubblicazione da cui viene estratta la citazione.
Pertanto diverrebbero assai meno reperibili i riferimenti alle informazioni attuali, mentre sarebbero ancora "citabili" quelle del Web del passato.
Rintracciabili tramite servizi un po' esoterici, come ad esempio l'Internet Archive (https://web.archive.org/) o archive.today (http://archive.is/)


Tutto ciò ha suscitato reazioni avverse in una gran parte del mondo dei ricercatori (vedi Science Europe, International Federation of Library Associations and Institutions, Electronic Information for Libraries, Confederation of Open Access Repositories, Spark Europe), ma anche l'adesione di rappresentanze significative della comunità scientifica, come l'International Association for Scientific, Technical and Medical Publishers (STM, Oxford, UK), a sostegno della Direttiva con il documento STM statement on European Parliamen Vote: Digital Single Market (DSM), Text and Data Mining – Platform Liability – Upcoming Trialogue, che sostanzialmente approva l'introduzione del copyright con alcuni distinguo relativi all'attività di data mining.

Questa nuova giurisprudenza colpirà la circolazione delle informazioni scientifiche e lo scambio sostenuto dalle Biblioteche e dai servizi di informazione legati alla Ricerca europea e non.
Per ciò che riguarda le ordinarie notizie giornalistiche, questa disposizione avrebbe effetti indesiderabili, cancellando, o almeno indebolendo alquanto, la memoria di fatti importanti del passato, in contraddizione con la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, che all'articolo 2, comma 8, prevede che sia libera la circolazione di quelle che si possono definire "notizie del giorno o fatti di cronaca che abbiano carattere di semplici informazioni di stampa".
Soprattutto sul piano scientifico, non mancano alcune aree d'ombra. A parte i siti Web personali evidentemente senza finalità di lucro, non sono, secondo lo scrivente, realmente definite le diversità fra Academic publication e Press publication per distinguere, ad esempio, un Journal abilitato veicolare informazioni scientifiche, senza ricadere sotto la categoria (giornalistica) per la quale è previsto il pagamento di un diritto di riproduzione.

L'applicazione del concetto: "legitimate private and non-commercial use of press publications by individual users - uso legittimo privato e non commerciale di stampa le pubblicazioni da parte dei singoli utenti", contenuto nella Direttiva, è infatti suscettibile di interpretazioni. Non si parla mai di Open Access Repository. Inoltre rimane nell'interpretazione attuativa dello Stato membro, decidere come designare i servizi formativi (distance learning e cross-border teaching/education) che possono o meno valersi di informazioni tratte dalle pubblicazioni online, senza vincoli di copyright.
Questa Direttiva secondo alcuni "... will overall worsen the legal environment for educators. And it likely will introduce major costs for public educational systems around Europe - nel complesso peggiorerà il contesto giuridico in cui si muovono gli educatori. E probabilmente introdurrà maggiori costi per i Sistemi di istruzione pubblica in Europa" (Tarkowski 2016). Tutto ciò espone le comunità di studiosi, agli effetti dovuti ad interpretazioni peggiorative rispetto alla situazione attuale.
I contenuti scientifici della Rete verrebbero così sospinti nel Deep Web, di fatto non più raggiungibili attraverso gli ordinari motori di ricerca.

Come è stato osservato: "L'impressione è che sia scarsa la consapevolezza che i diversi livelli culturali e informativi sono correlati tra loro e che anche gli elementi del Sistema - tecnologico, economico e normativo - non sono separabili." (Simoncini, 2018).

Articolo 13, COM/2016/0593: Un filtro per upload
L'articolo 13 regolamenta l'utilizzo di contenuti protetti da parte di piattaforme informatiche specializzate, che conservano grandi quantità di materiale di varia natura, caricato liberamente dagli utenti.
Si tratta di Servizi online come YouTube o Pinterest che verranno sottoposti a misure preventive "adeguate e proporzionate", per evitare violazioni delle norme di copyright.
In pratica, nell'ambito degli Stati UE, nella fase di upload i file saranno analizzati da Sistemi automatici, che bloccheranno il materiale protetto da diritto d’autore e ne impediranno la diffusione.

La realizzazione di questo "automated filtering software", sarebbe tutt'altro che agevole (Margoni 2018). In Rete si legge che potrebbe somigliare al Content ID di Youtube.
Una specie di filtro "collaborativo" che consente ai possessori di risorse (in genere musiche, filmati, videogame, foto), di proteggerle istruendo il Sistema su come comportarsi in caso qualcuno tentasse di inserirle su piattaforme online. Se si comportasse come Content ID, il Sistema potrebbe bloccarne l'esecuzione, inserire un banner pubblicitario, richiedere un compenso. Per ora quello che è certo è che cambieranno le modalità d'uso di Internet alle quali siamo da tempo abituati. Ciò sarebbe altamente auspicabile secondo l'Eurodeputato Axel Voss o disastroso, come sostiene la sua collega Julia Reda, che è diventata un portavoce del dissenso.


IL DIRITTO D'AUTORE NEL MERCATO UNICO DIGITALE
Emendamenti del Parlamento europeo, approvati il 12 settembre 2018, alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto d'autore nel mercato unico digitale

ARTICOLO 13
Testo della Commissione

Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell'informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricati dagli utenti
Emendamento

Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi di condivisione di contenuti online che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricati dagli utenti
1. I prestatori di servizi della società dell'informazione che memorizzano e danno pubblico accesso a grandi quantità di opere o altro materiale caricati dagli utenti adottano, in collaborazione con i titolari dei diritti, misure miranti a garantire il funzionamento degli accordi con essi conclusi per l'uso delle loro opere o altro materiale ovvero volte ad impedire che talune opere o altro materiale identificati dai titolari dei diritti mediante la collaborazione con gli stessi prestatori siano messi a disposizione sui loro servizi. Tali misure, quali l'uso di tecnologie efficaci per il riconoscimento dei contenuti, sono adeguate e proporzionate. I prestatori di servizi forniscono ai titolari dei diritti informazioni adeguate sul funzionamento e l'attivazione delle misure e, se del caso, riferiscono adeguatamente sul riconoscimento e l'utilizzo delle opere e altro materiale. 1. Fatti salvi l'articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2001/29/CE, i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online svolgono un atto di comunicazione al pubblico. Essi concludono pertanto accordi equi e adeguati di licenza con i titolari dei diritti.
2. Gli Stati membri provvedono a che i prestatori di servizi di cui al paragrafo 1 istituiscano meccanismi di reclamo e ricorso da mettere a disposizione degli utenti in caso di controversie in merito all'applicazione delle misure di cui al paragrafo 1. 2. Gli accordi di licenza conclusi dai prestatori di servizi di condivisione di contenuti online con i titolari dei diritti degli atti di comunicazione di cui al paragrafo 1 disciplinano la responsabilità per le opere caricate dagli utenti di tali servizi di condivisione di contenuti online conformemente alle condizioni enunciate nell'accordo di licenza, purché detti utenti non perseguano scopi commerciali.

2 bis. Gli Stati membri dispongono che se i titolari dei diritti non desiderano concludere accordi di licenza, i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online e i titolari dei diritti cooperano in buona fede per garantire che non siano disponibili nei loro servizi opere o altro materiale protetti non autorizzati. La cooperazione tra i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online e i titolari dei diritti non comporta l'indisponibilità delle opere o di altro materiale protetti che non violano il diritto d'autore o i diritti connessi, compresi quelli coperti da un'eccezione o limitazione ai diritti d'autore.

2 ter. Gli Stati membri provvedono a che i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online di cui al paragrafo 1 istituiscano meccanismi di reclamo e ricorso celeri ed efficaci a disposizione degli utenti qualora la cooperazione di cui al paragrafo 2 bis conduca alla rimozione ingiustificata dei loro contenuti. I reclami presentati a norma di tali meccanismi sono trattati senza indugi e soggetti a verifica umana. I titolari dei diritti giustificano ragionevolmente le loro decisioni onde evitare che i reclami siano rigettati arbitrariamente. Inoltre, conformemente alla direttiva 95/46/CE, alla direttiva 2002/58/CE e al regolamento generale sulla protezione dei dati, la cooperazione non comporta l'identificazione dei singoli utenti o il trattamento dei loro dati personali. Gli Stati membri provvedono altresì a che gli utenti possano adire un organismo indipendente per la risoluzione di controversie, oltre al giudice o un'altra autorità giudiziaria competente, per far valere l'applicazione di un'eccezione o di una limitazione alla normativa sul diritto d'autore.
3. Gli Stati membri facilitano, se del caso, la collaborazione tra i prestatori di servizi della società dell'informazione e i titolari dei diritti tramite dialoghi fra i portatori di interessi, al fine di definire le migliori prassi, ad esempio l'uso di tecnologie adeguate e proporzionate per il riconoscimento dei contenuti, tenendo conto tra l'altro della natura dei servizi, della disponibilità delle tecnologie e della loro efficacia alla luce degli sviluppi tecnologici. 3. A decorrere dal [data di entrata in vigore della presente direttiva], la Commissione e gli Stati membri organizzano dialoghi tra le parti interessate per armonizzare e definire le migliori prassi e definire orientamenti per garantire il funzionamento degli accordi di licenza e la cooperazione tra i prestatori di servizi di condivisione dei contenuti online e i titolari dei diritti per l'utilizzo delle loro opere o di altro materiale ai sensi della presente direttiva. Nel definire le migliori prassi, si tiene conto in particolare dei diritti fondamentali, del ricorso ad eccezioni e limitazioni, garantendo che l'onere gravante sulle PMI rimanga adeguato e che sia evitato il blocco automatico dei contenuti.


L'impatto economico dell'applicazione di questa Direttiva sugli aggregatori di informazioni come Google News e YouTube, pur difficile da definire, sarebbe rilevante. Cosa potrebbe accadere?
Presumibilmente gli aggregatori sarebbero spinti ad oscurare i contenuti per loro problematici, provenienti dall'area UE.
Si deve a tal riguardo osservare che in passato, esperienze simili in altri Paesi hanno mostrato il sostanziale fallimento di queste misure, che non hanno determinato vantaggi per gli autori o gli editori.
[Germania e Spagna hanno infatti adottato unilateralmente misure analoghe a quelle proposte dalla Direttiva europea sul diritto d'autore, suscitando la cancellazione delle informazioni le riguardavano da Google News, con un danno per gli editori di quei Paesi.
Certamente Google sarebbe in difficoltà se dovesse intraprendere azioni censorie di questo livello per tutta l'Europa, ma si osserva che "... Google News non è in realtà un grande generatore di entrate per Google, considerato che, al momento, la sua home page non presenta nemmeno annunci" (Web Digitalic, 16 Set 2018), per questo un concreto rischio di una specie di "censura reattiva" esiste.]


L'impatto sulla comunicazione scientifica
Sembra esserci una sostanziale confusione che riguarda il reale rapporto fra l'informazione scientifica e la Direttiva sul mercato unico digitale europeo. Secondo Quirin Schiermeier, Senior reporter di Nature, una preoccupazione è giustificata "... alcuni sostenitori della scienza temono che il filtraggio degli upload e meccanismi simili potrebbe costituire un problema per l'Open Science" (Schiermeier, email 12/11/2018 15:01, 2018) ed in un'agenzia di Nature (3 Aprile 2018) si spinge ad affermare che: "... una proposta aggiunta da una commissione del Parlamento europeo vorrebbe che questi prelievi si applichino anche alle pubblicazioni accademiche", e che "Molti editori accademici, tra cui l'International Association for Scientific, Technical and Medical Publishers (STM), ...sostengono tale emendamento".
Thomas Margoni, Lettore Senior di "Intellectual Property and Internet Law" all'Università di Glasgow (UK), interpellato sullo stesso argomento: "... I giornali scientifici non sono inclusi nell'articolo 11, e ognuno dei testi proposti ora discussi (Commissione, Consiglio e Parlamento), di fatto li escludono. Tuttavia, direi che la promessa generale alla base della Direttiva non è stata mantenuta. Dovremmo stare a discutere di come questa possa facilitare la ricerca scientifica (ampliarla, favorire l'insegnamento, quali eccezioni per Text e Data Mining (TDM), eccezioni del panorama attuativo, contenuti generati dagli Utenti e così via), invece stiamo parlando di come la direttiva possa essere dannosa per il settore scientifico In effetti, anche se ... l'obiettivo principale dell'art. 13 dovrebbe essere Youtube e repository simili, quindi entità non universitarie, c'è ben poco nella Direttiva che potrebbe effettivamente sostenere il settore scientifico.
In realtà, molte delle disposizioni sono, nel migliore dei casi, di natura e ambiti poco chiari, il che sarà causa di incertezza giuridica e rallentamenti della ricerca
". (Margoni, mail 21/11/2018 14:15)

Attualmente la discussione localizzata sui media generalisti, tende a presentare l'intera faccenda come un "... returning cash generated by social media platforms... to the news organisations that produced the content" (Margoni 2018), ma non è agevole tracciare un'esplicita demarcazione fra i servizi d'informazione scientifica e i generici aggregatori di notizie.
Nonostante ci siano state rassicuranti dichiarazioni (la Commisione Europea sin dal 2015 cita la possibilità di effettuare in modo relativamente libero analisi di Text e data mining; operazioni che sarebbero al momento assicurate dalla normativa in discussione), la comunicazione sostenuta da specifici Network di Scientific/Social media platforms (quali ad esempio ResearchGate GmbH - Germany e Mendeley di Elsevier - Netherlands), senza contare particolari strutture europee per il deposito delle pubblicazioni e soprattutto dei dati della ricerca come Zenodo (OpenAIRE), per non citare gli Archivi aperti istituzionali o disciplinari ed i siti di Società scientifiche, potrebbero essere coinvolte dalle restrizioni imposte da questa Direttiva, relativamente alle modalità citazionali e la possibilità di implementare licenze d'uso per consentire la più ampia diffusione dei dati, come Google Scholar ed anche PubMed, riportano citazioni di parti integrali delle pubblicazioni, (abstract / summary, link + affiliazioni).

Negli structured abstract sono riportati anche i dati del lavoro e parte dell'apparato grafico seguendo il modello IMRaD. La National Library of Medicine che gestisce PubMed attraverso il National Center for Biotechnology Information, comunica che non c'è stato finora alcun pagamento per i diritti di citazione delle pubblicazioni.
Interpellati Scopus (Elsevier) e Web of Science (Clarivate Analytics ex Thomson Reuters) rispondono di non aver mai pagato alcunché per le citazioni strutturate di articoli scientifiche con le quali creano i contenuti dei propri servizi informativi venduti agli Enti di ricerca in forma di abbonamenti, prezzo di file singoli e fees per la Gold Road. Forse il senso è che gli editori e gli aggregatori di informazioni si sostengono a vicenda in quanto desiderano che il gioco "pubblico / cito / compero /", vada avanti senza intoppi per non turbare irreversibilmente questo mercato che si basa su un particolare equilibrio basato su prestazioni gratuite: "scrittura + partecipazione alla revisione paritaria" degli Enti di ricerca, e prestazioni a pagamento: "gestione degli aspetti editoriali, stampa e distribuzione" degli Editori.

Riportiamo il link all'iniziativa dell'Università di Firenze del 14 Novembre 2018, "La nuova direttiva UE sul copyright: un dibattito aperto" https://www.sba.unifi.it/Article996.html. L'evento è stato tenuto al Polo delle Scienze Sociali, organizzato dalla Commissione per l’accesso aperto dell'Università di Firenze e riporta interventi di diversi studiosi sulle ripercussioni della nuova direttiva nel panorama normativo italiano e i potenziali effetti in ambito scientifico.

Conclusioni
La garanzia dell'accesso alle idee è al centro di un confuso dibattito. Si ammette che la loro libera circolazione sia il punto cardine dell'economia dei Paesi tecnologicamente avanzati.
Le informazioni sono il carburante stesso dell'innovazione e sembra essere "sconsigliabile" restringere la loro reperibilità, pure in nome di un giusto ed "equo compenso".

La politica si è occupata di questa problematica con provvedimenti apparentemente tesi all'apertura. Citando i più significativi, vediamo che nel 2005 in Italia viene pubblicato il Codice di Amministrazione Digitale che espone il concetto di "Open by Default" (l'articolo 52, che lo riguarda è entrato pienamente in vigore, a partire dal 19 marzo 2013); nel 2006 il Decreto del Presidente della Repubblica del 3 Maggio 2006 n. 252 regola la materia di deposito legale dei documenti di interesse culturale (produzione scientifica di Università, Enti di ricerca, Associazioni culturali); il 17 Dicembre 2007 il Consiglio Europeo della Ricerca emana le "Council Guidelines for Open Access" (per solo nove giorni arriva secondo su George W. Bush che con il Consolidated Appropriations Act impone il deposito delle pubblicazioni scientifiche su PubMed Central); nel 2013 (anno mirabilis) oltre all'attivazione del concetto di Open by Default, viene pubblicato il "Position Statement sull'accesso aperto ai risultati della ricerca" in Italia, e finalmente con la legge del 7 Ottobre 2013 n. 112, all'articolo 4 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo delle biblioteche, degli archivi e per la promozione della recitazione e della lettura"), comma 2, si stabilisce l'obbligo per le pubblicazioni scientifiche finanziate dallo Stato della disponibilità in forma "Open" dopo 18 mesi dalla prima pubblicazione. Dal 2005 c'è stato un turbinio di disposizioni per spingere i ricercatori a pubblicare in formati aperti (e faccio grazia delle disposizioni sugli Open Data).
La nuova Direttiva sul "Mercato digitale unico", si inserisce in questo contesto. Sembra però un intervento "immaturo" e pone problemi interpretativi.

È quindi evidente la necessità di mettere ordine al caos nel quale il mondo dell'informazione opera attualmente, caos che deriva da interventi che intenderebbero favorire una giusta remunerazione degli autori di opere dell'ingegno, ma che potrebbero finire per "spegnere" lo scambio informativo in Rete. Certo non completamente. Finirebbe la ridondanza di dati o notizie gratuite e facilmente raggiungibili per una più seria, seppure meno accessibile offerta informativa, raggiungibile accettando il pagamento di un prezzo o la fruizione di messaggi pubblicitari.
Come questo cambierà la comunicazione scientifica lo sapremo con certezza solo con il testo definitivo della Direttiva, all'inizio del 2019, anno in cui ci saranno le Elezioni europee.

Bibliografia

link verificati il 4 Dicembre 2018

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OPEN REVIEW - Modulo per la "revisione aperta" di questo articolo, pubblicato sul numero 110/2018 di SPVet.it



Ciappelloni 2018 - L'Articolo 11 e 13 della Direttiva Europea per il Digital Single Market, nel contesto dell'Open Science
Ciappelloni 2018 - L'Articolo 11 e 13 della Direttiva Europea per il "Digital Single Market", nel contesto dell'Open Science (SPVet.it 110/2018)

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